Normalmente, quando ci troviamo di fronte ad un testo di
narrativa, si dà per scontato che i protagonisti, le persone che si muovono
all'interno della storia, siano in fin dei conti uomini, umani, povera gente,
ricca, presuntuosa, benestante, caritatevole, buona o cattiva, ma sempre
uomini. A meno che non ci troviamo di fronte ad una favola, o ad un fumetto, un
cartone animato alla Disney, di quelli divertenti e in fin dei conti anche
istruttivi, sotto certi aspetti, che si possono tranquillamente attingere dalla
televisione o acquistare in edicola. Ma questo libro, "Codamozza",
non ha l'aspetto né di una favola né tantomeno di un fumetto, né, tantomeno, si
pensi che Codamozza possa essere il soprannome del protagonista: perché
Codamozza è il protagonista.
Si tratta dunque di una storia che ha per protagonisti i
topi. Ma perché?, sorge a questo punto spontanea la domanda che potrebbe farsi
il lettore.
A questa domanda si può dare una risposta solo alla fine del
libro, dopo averlo ben bene assaporato e metabolizzato. E, si badi bene, non è
un libro facile, almeno per quanto concerne la retrostoria, cioé quello a cui
veramente mira il nostro autore: bisogna infatti andare a cercare tra le righe,
dietro le righe, in un mondo, quello dei topi, che agli inizi del racconto fa
un po' ribrezzo, ma che man mano che si procede riesce a suscitare nel lettore
una certa compartecipazione emotiva e di simpatia. Non è facile neanche
l'intreccio, il narrato, e se il lettore si aspetta che - trattandosi appunto
di topi - la trama possa essere dotata di una certa fluidità, di una certa
semplicità, come nelle favole, si sbaglia di grosso: come afferma infatti
Vincenzo Aiello nella presentazione, questo narrare particolare di Saggese è
quello che unisce la fabula ad un linguaggio fantasioso e cartavetroso, per
riportarci il nostro vissuto quotidiano pubblico, che il cinismo dei media ci
manifesta senza il candore di un possibile cambiamento.
Ma ritornando al contenuto del libro, della storia, dobbiamo
dare atto a Saggese che il suo lavoro narrativo, in questo libro, è davvero
eccezionale, originalissimo, unico forse nel suo genere, e direi anche
sconvolgente.
Non è certamente il caso di riassumere qui tutta la storia,
del resto non credo che abbia molta importanza, e non perché non ci sia nessun
assassino da scoprire, cosa che potrebbe vanificare la curiosità del lettore,
ma perché quello che c'è da dire è ben altro. Intanto, si tratta a mio giudizio
di una grandissima ed elaborata trasposizione letteraria: trasposizione e non
metafora perché il narrato è una storia verosimile ambientata in una realtà
sociale - nella fattispecie il territorio di Scampia - con trame, intrecci,
personaggi, fatti e riferimenti aderentissimi a quella realtà. L'unica
differenza è che i personaggi e i protagonisti sono topi e non uomini. Il resto
è perfettamente verosimile. L'idea di creare una storia ambientata nella realtà
metropolitana di Napoli utilizzando come personaggi i topi, è stata geniale. La
stessa storia con personaggi umani sarebbe stata forse banale, retorica e per
niente originale: sarebbe stata una storia come tante altre simili, come tante
ne sono state raccontate e scritte su Scampia e sugli immancabili, eterni
problemi di degrado, di droga, di mancanza di lavoro e così via. Ma ecco il
colpo di genio del nostro Saggese: i napoletani sono come i topi. E qui non si
tratta di denigrare o colpevolizzare un'intera atavica tradizione
meridionalistica e più specificamente napoletana, una razza eccelsa e geniale,
calda e passionale, che però lascia fare, delega, si crogiola, spesso subisce
come ci insegna la sua storia millenaria, spesso ha degli scatti di libertà.
No, qui il nostro bravo autore ha voluto "fotografare" la realtà
senza nulla aggiungervi e senza nulla sottrarre: la realtà nuda e cruda delle
cose come stavano e come stanno qui a Napoli e a Scampia.
Le analogie topi-napoletani sono molteplici, e all'inizio di
ciascuna delle tre sezioni del libro il nostro bravo Saggese riporta in corsivo
delle citazioni che ne dimostrano la sconvolgente e indovinata verosimiglianza:
"I napoletani sono come i topi, perché come i topi deturpano il
paesaggio... non mangiano, rosicchiano... e figliano... e ogni anno ce ne sono
di più...", e nella seconda parte:
"Li si caccia via dalle case assolate... si intrappolano con
meccanismi rudimentali o raffinati... li si costringe a percorsi
complicatissimi e impervi per espletare qualsiasi funzione vitale...",
e nella terza parte: "I napoletani sono come i topi... li si considera
come un inconveniente inevitabile, fastidioso, ma sempre inaccettabile. E ci si
chiede come facciano a resistere. e i topi resistono e si moltiplicano e
riescono forse a volte a essere felici". E conclude: "il che
va benissimo per i topi che sono come i napoletani. non va altrettanto bene per
i napoletani che, in fin dei conti, non sono topi".
Ecco, direi che con questa frase il nostro Saggese voglia in
conclusione farci intendere che i napoletani non meritano una esistenza fisica,
sociale e psicologica che possa in qualche modo avere le stesse caratteristiche
di un mondo animale, quello appunto dei topi, che per struttura mentale e
ambientale è molto simile (molto ben curate da Saggese sono infatti le analogie,
e si riscontrano nelle descrizioni delle strutture socio politiche e
malavitose, come canduta, che sta per camorra, la Grande Discarica,
Colonia, Talya (anagramma di Italia) e così via.
Direi per concludere che Saggese in questo romanzo ha voluto
mostrarci la realtà più profonda della napoletanità, una napoletanità
particolare e specifica come quella dei quartieri degradati e abbandonati di
cui Scampia è purtroppo principale riferimento. Una realtà cruda e crudele,
come la stessa struttura organizzativa dei topi, una struttura sociale ormai
completamente asservita al potere e ai poteri dei più forti del momento e in
cui organizzazioni sindacali, lavoratori, amministrazioni, enti, lo stesso
Stato, la malavita e le bande dei delinquenti si scontrano e si combinano in un
intreccio diabolico in cui bene e male, verità e bugia, coraggio e codardìa,
omertà e senso civico, diventano valori che si confondono e si omologano, e
sovente si sostituiscono a vicenda.
Ma è un mondo dove pur nella confusione generale, si illumina
di tanto in tanto di bontà e di amore, di amicizia e di voglia di vivere. I
personaggi-topi di Saggese hanno forti caratteristiche umane, in questo senso,
tanto da far dimenticare spesso che si sta parlando di animali.
Un libro che suscita nel lettore una certa curiosità mista a
tensione emotiva, come dicevo all'inizio, per la storia in sé ma anche per il
linguaggio diretto e sapientemente gergale usato dall'autore lungo tutto il
racconto, sì che bisogna porre attenzione almeno nelle prime pagine per entrare
fatalmente nel mondo dei topi-napoletani, o napoletani-topi che dir si voglia,
e comprenderne così, solo così, i più segreti e sconvolgenti sviluppi.
Il libro "Codamozza" è stato presentato a
Sant'Anastasia nella sede del Boschetto Sporting Club, il 7 novembre 2013.
Organizzazione del Circolo letterario Anastasiano di Giuseppe Vetromile.
Relatore Raffaele Urraro.
"Codamozza", di Sergio Saggese, Con-fine
Edizioni", Bologna, 2013
Giuseppe Vetromile
8/11/13