Taccuino Anastasiano è il proseguimento del Blog "Circolo Letterario Anastasiano", con il quale rimane comunque collegato (basta cliccare sul logo del CLA).
Sarà questo un blog essenzialmente dedicato alle recensioni, alle notizie letterarie, alle presentazioni di libri ed agli appuntamenti ed incontri relativi al nostro territorio vesuviano, e non solo: dedicheremo spazio a tutte le notizie interessanti che ci giungeranno, con lo scopo di fornire valide informazioni culturali e spunti di riflessione su temi di carattere poetico e letterario in generale.
Buona lettura e buona consultazione.

lunedì 22 settembre 2014

"Alessia", di Raffaele Piazza

La poesia creatrice riesce a modellare, a plasmare dal nulla, o quanto meno da un mondo di idee e di forti impressioni intime proposte dal cuore e subito dopo messe in ordine dalla mente razionale, materia viva, figurazioni e personaggi verosimilmente reali e possibilmente esistenti. Qui non si tratta di memoria né di recupero sentimentale attingendo nell'ampio canestro dei ricordi familiari o della storia, almeno è quello che ritengo personalmente, non conoscendo nella profondità e nella intimità amicale la persona Raffaele Piazza, ma posso affermare senza timore di essere smentito che l'opera del nostro poeta, questa recente raccolta, è frutto esclusivo della sua eccelsa creatività artistica, anche se egli possa aver attinto, in minima o in larga parte, a episodi vaghi della sua sfera familiare, ristrutturati e riadattati al suo codice e alla sua struttura poetica.
Alessia, dunque, è il nucleo centrale di questo lavoro poetico, che Raffaele Piazza presenta in formato e-book per le edizioni "Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano", con una dotta ed esemplare prefazione dell'insigne Antonio Spagnuolo, e alcune interessanti note critiche, in chiusura, di altrettanti illustri letterati. Si tratta di un lungo poemetto costituito da 70 brani poetici il cui titolo è riferito ad "Alessia" con relativa oggettivazione che si diversifica ogni volta. Abbiamo così ad esempio "Alessia e la tela", "Alessia a Capri", "Alessia al fiume" e così via. Il lettore non si spaventi e non si disorienti di fronte ad una apparente monotonia o martellante insistenza sul titolo ripetitivo delle poesie, che potrebbe far pensare erroneamente ad una lunga e ossessiva reiterazione di uno stesso corpo poetico espresso con alcune e poco significative varianti. In effetti non è così. Alessia è, al contrario, una storia dinamica, viva, reale e verosimile nella sua raffigurazione, e le singole poesie, che d'altra parte vivono di un proprio senso compiuto, tanto da poter essere estrapolate ognuna dall'intera raccolta senza perdere né la forza espressiva né l'intensità del contenuto, costituiscono un corpo omogeneo e nello stesso tempo rappresentano i tasselli compiuti di un grande mosaico, dove l'amore, l'innocenza, l'apparenza, l'omaggio, la passione e anche l'erotismo, si concentrano nel personaggio "Alessia". Non è quindi mai esaustiva, la poesia di Raffaele Piazza in questa sua robusta silloge, "Alessia", nel senso che l'autore potrebbe benissimo aggiungere altri tasselli al grande mosaico senza timore di renderlo, il mosaico poetico, sfrangiato agli orli, per così dire, o addirittura nebbioso ai confini. Del resto è lo stesso Piazza a reiterare, in più di un brano poetico, il termine "infinitamente Alessia", come se volesse prolungare all'infinito la trama e l'ordito poetico che con sofferenza, ispirazione e passione letteraria, ha tessuto.
Ma bastano le poesie inserite nella raccolta a dare un quadro completo del progetto poematico di Raffaele Piazza. In Alessia, creatura costruita a bella posta o effettivamente esistita nella realtà (ma questo poco importa ai fini di una seppur minima riflessione sull'intero testo), il poeta-Piazza concentra tutta la sua storia, tutta la sua prorompente sensibilità e fisicità, in mille sfaccettature quotidiane, in mille immagini e situazioni dalle più usuali agli spigoli più complessi di una psicologia profonda e arguta. Molte delle poesie hanno una sorta di collocazione temporale: "E' il 1984, scivola l'auto nel Parco Virgiliano e ci sarà raccolto." Ma è una collocazione temporale complessa, ricca di echi sottintesi, rimandi e puntini sospensivi: quell'auto che scivola, quella "127" che costeggia una scia di strada (in un'altra poesia), e quel ripetitivo "ci sarà raccolto" pure espresso con insistenza in altre parti del libro, sta ad intendere un tentativo di conclusione materiale, volutamente calato in un contesto normale, cittadino, quotidiano, di una vicenda che per sua natura tende alla dissipazione, alla dimenticanza, allo straniamento. Piazza non vuol perdere quanto ha costruito, nei minimi dettagli: la storia di Alessia, storia che vuol fare sua, e impone, liricamente, passi minimi, elementari, ma fortemente evocativi, come appunto la 127 che costeggia una scia di strada. E poi un altro elemento che sembra estraneo a tutto il discorso di Piazza: quegli uccelli, quei gabbiani, quelle rondini, che in molti brani, alla fine, urlano: "Attenzione!", è secondo me da sottolineare in modo particolare. Perché sono volatili, e non altre creature, che ammoniscono Alessia con quell'avvertimento inaspettato, inusitato: "Attenzione!"; gli uccelli infatti hanno il dono del volo, possono ergersi al di sopra della superficie della terra, guardare dall'alto con prospettive più ampie! Ecco dunque quell'avvertimento, come a dire che le cose umane e terrene che investono e avviluppano Alessia e la sua storia di fanciulla-donna-amante, sono in qualche modo caduche, corruttibili, degradabili. E quindi l'amore, i sentimenti, le passioni, i comportamenti, le abitudini e le apparenze, devono essere vissute e godute appieno, perché poi, "attenzione!", transitano ineluttabilmente!
Vorrei concludere questa breve e sicuramente incompleta riflessione sul recente ottimo lavoro dell'amico Raffaele Piazza, "Alessia", considerando l'alto valore della sua personalissima e colta scrittura poetica, una scrittura apparentemente pacata, discorsiva, ma dotata di notevole intensità esplicativa e comunicativa. C'è dell'amaro, frequentemente, nei versi di Raffaele Piazza, a volte anche punte di sarcasmo e di ironia, ma la bellezza e l'incanto, l'innocenza e la passione amorosa della ragazza-Alessia, prevalgono, come un sole che illumina il paesaggio dopo un lungo grigiore. Raffaele Piazza nei suoi versi è affabulante, quasi magico, e riesce a tenere il lettore in una piacevole sospensione emotiva, con salti improvvisi da un quadro all'altro e con termini sinestetici veramente efficaci (biancovestito, nerovestito...).
Raffaele Piazza, con "Alessia", si riconferma essere tra i Poeti più significativi e validi dell'attuale panorama letterario italiano.

Giuseppe Vetromile

21/9/14

giovedì 14 agosto 2014

Il "Giglio di grano" a Flumeri

L'obelisco di paglia, il Giglio, intrecciato con passione, entusiasmo e competenze secolari, s'innalza a Flumeri, alto, svettante, a penetrare il cielo: una scala, un rampicante per raggiungere la Grazia dei Santi, in particolare di San Rocco, e della Madonna, perché il raccolto sia sempre più fruttuoso e copioso, perché la terra sia sempre più fertile e docile. E' un canto, è un'opera d'arte, è una tradizione che affonda le sue radici in epoche antiche, e che deve essere perpetuata, riproposta, ricordata e ricreata, per non smarrirsi nel mare delle banalità quotidiane, per non disperdere i valori forti che hanno forgiato l'uomo nei secoli, per mantenere saldi quei riferimenti sacri e colmi di verità, senza i quali il patrimonio culturale di un popolo non potrà mai valere un centesimo.
Ed è chiaro, ed è opportuno, che in questi momenti l'arte faccia da veicolo, da supporto a queste tradizioni storiche e culturali che il nostro meridione, e l'Irpinia in particolare, vanta a pieno titolo. Così la poesia, la musica e la fotografia vengono a costituire la necessaria e valida integrazione alle manifestazioni storiche e di costume che annualmente si rinnovano nei nostri territori, così ricchi di memorie e di tradizioni popolari.
Grazie quindi all'impegno culturale di Domenico Cipriano, poeta apprezzato e curatore di molti eventi particolarmente interessanti in Irpinia e in Campania, e degli amici che sempre lo affiancano, Raffaele Barbieri e Cosimo Caputo, è stato possibile realizzare anche quest'anno il Catalogo Fotopoetico "Tra terra e cielo", II volume 2014. Il libro, elegante e ben curato dall'editore Delta3, Silvio Sallicandro, raccoglie le migliori fotografie della festa del Giglio di grano di Flumeri, con poesie didascaliche di vari poeti, ispirate a ciascuna delle foto.
Ecco i poeti che quest'anno hanno aderito al progetto, e che si sono poi avvicendati nella lettura dei loro versi nella serata conclusiva della manifestazione, a Flumeri, lo scorso 13 agosto: Vincenzo Frungillo, Prisco De Vivo, Cinzia Marulli, Raffaele Stella, Melania Panico, Nicola Sguera, Lello Agretti, Eugenio Lucrezi, Mariastella Eisenberg, Giuseppe Vetromile, Vincenzo Dente, Lucianna Argentino, Irene Vallone, Rita Pacilio, Angela Ragusa, Giuseppe Napolitano, Paola Nasti, Francesco Filia.

G.Vetromile

Il Giglio

I Poeti intervenuti

martedì 29 luglio 2014

Bandita la XII Edizione del Concorso di Poesia Città di Sant'Anastasia

PREMIO NAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI SANT’ANASTASIA” - XII EDIZIONE 2014

Regolamento

Il Comune di Sant'Anastasia (Napoli) indice e promuove la XII Edizione 2014 del Premio Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia", avvalendosi dell'Organizzazione e Direzione Artistica dell’Associazione “IncontrArci” di Sant’Anastasia - Circolo Letterario Anastasiano. Al concorso potranno partecipare tutti i poeti residenti in Italia o all’estero, purché i testi siano in lingua italiana.
Il Concorso gode del Patrocinio del Comune di Sant'Anastasia (evento istituzionalizzato), e del Patrocinio Morale dell'Ente Parco Nazionale del Vesuvio, ed inoltre si avvale della collaborazione dell'Associazione Napoli Cultural Classic (Poetessa Anna Bruno) e del Lions Club International Distretto 108YA (arch. Giacomo Vitale - Responsabile per la Campania del Distretto 108 YA delle "Attività Culturali" per l'anno sociale 2014/2015).

SEZIONE LIBRO DI POESIA

Si partecipa a questa sezione con un libro di poesie pubblicato non anteriormente al 2011.
Il libro va consegnato in 4 copie, accompagnato da un foglio che riporti le generalità complete dell'Autore, i suoi recapiti telefonici ed eventuale e-mail.
Si richiede un contributo per spese organizzative di Euro 10 (dieci) da versare su c.c.p. nr. 63401236 intestato all’Associazione “IncontrArci”, con causale: Premio di poesia Città di Sant’Anastasia XII Edizione. Fotocopia del versamento dovrà necessariamente essere inclusa nel plico.

Premi
Verranno assegnati i seguenti premi:
1° premio: assegno di euro 700;
2° premio: assegno di euro 500;
3° premio: assegno di euro 300;
Non saranno attribuiti ex-aequo. Saranno inoltre attribuite eventuali segnalazioni di merito.

SEZIONE POESIA SINGOLA

Si partecipa a questa sezione inviando una o al massimo due poesie in lingua italiana a tema libero, di lunghezza non superiore ai 50 versi, in 6 copie, di cui una soltanto completa di generalità, data di nascita, recapiti telefonici ed e-mail, e di una dichiarazione firmata in calce che ne attesti la paternità.
Si precisa che l'Organizzazione non pone alcuna restrizione sull'inedicità delle poesie presentate, o se trattasi di testi già premiati e/o segnalati in altri concorsi: unica norma da rispettare è che l'autore dichiari che il testo presentato è di sua esclusiva creatività e proprietà. L'Organizzazione escluderà dalla partecipazione quei testi che risulteranno copiati, in tutto o in parte, da altri autori.

Si richiede per questa sezione un contributo per spese organizzative di Euro 5 (cinque) da versare su c.c.p. nr. 63401236 intestato all’Associazione “IncontrArci”, con causale: Premio di poesia Città di Sant’Anastasia XII Edizione, Sez. Poesia Singola. Fotocopia del versamento dovrà necessariamente essere allegata agli elaborati.

Premi
Verranno assegnati i seguenti premi:
v 1° premio: targa personalizzata, diploma con motivazione, libri e/o oggetti dell'artigianato locale, gettone di presenza di euro 300.
v 2° premio: targa personalizzata, diploma, libri e/o oggetti dell'artigianato locale, gettone di presenza di euro 200.

Verranno inoltre premiate con targa personalizzata, diploma con motivazione, libri e/o oggetti dell'artigianato locale:

v la migliore poesia ispirata al tema "ambiente e territorio vesuviano";
v la migliore poesia di un Autore giovane (fino a 23 anni);
v la migliore poesia di un Autore del territorio (Sant'Anastasia e dintorni).

Saranno inoltre attribuiti dei "Premi Speciali" da parte di Enti e/o Associazioni del territorio campano.

Saranno infine attribuite, nel rispetto della classifica generale, e a discrezione della Giuria, menzioni di merito, segnalazioni e attestati di partecipazione.

DISPOSIZIONI GENERALI VALIDE PER AMBEDUE LE SEZIONI A CONCORSO

1) E' possibile la partecipazione contemporanea ad ambedue le sezioni di poesia singola e di libro di poesia, versando il contributo totale per spese organizzative pari a Euro 15 (quindici).

2) I plichi (libri e/o poesie) dovranno essere spediti unicamente al seguente indirizzo: SEGRETERIA DEL PREMIO NAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI SANT’ANASTASIA”, PRESSO SIG. GIUSEPPE VETROMILE, VIA GIOVANNI BOCCACCIO 5,  80048 MADONNA DELL’ARCO (Napoli), entro il 30 ottobre 2014. Si prega caldamente di evitare le raccomandate. Per la Sezione Poesia Singola è possibile l’invio per posta elettronica all’indirizzo circolo-lett-anastasiano@hotmail.it  In questo caso si dovrà allegare anche la fotocopia dell’avvenuto versamento, oppure indicarne gli estremi.
Gli elaborati non saranno restituiti. I libri entreranno a far parte della Biblioteca Comunale. L’Organizzazione non risponde di eventuali disguidi postali o mancati recapiti.

4) I nomi dei componenti della Commissione esaminatrice, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, verranno resi noti il giorno della premiazione, che si terrà in Sant'Anastasia in giorno e luogo da stabilirsi (comunque entro l'anno 2014). Soltanto i premiati ed i segnalati saranno tempestivamente avvisati.
Gli altri partecipanti potranno conoscere i risultati del concorso sui siti: http://concorsopoesiasantanastasia.blogspot.com; http://circololetterarioanastasiano.blogspot.com,  e sugli altri siti letterari, oppure telefonando in Segreteria.
I premi dovranno essere ritirati direttamente dagli interessati. Soltanto in caso di seria e comprovata indisponibilità, è ammessa la delega per iscritto. In caso contrario, i premi non verranno consegnati né spediti.
Ai sensi dell'art. 10 della L. 675/96, si assicura che i dati personali relativi ai partecipanti saranno utilizzati unicamente ai fini del Concorso.

Per eventuali informazioni, è disponibile la Segreteria (081.5301386 ore serali); e-mail: circolo-lett-anastasiano@hotmail.it.

L'Organizzazione ringrazia tutti coloro che vorranno diffondere la notizia del presente Concorso di Poesia.
Si prega di non attendere gli ultimi giorni per l’invio degli elaborati, onde facilitare il compito della Segreteria e della Giuria.    

domenica 6 luglio 2014

La "Fragilità" nella Poesia di Ester Cecere

Che la poesia possa essere una cosa fragile, è anche possibile. Non nel senso che possa rompersi fisicamente, certo, ma piuttosto nel senso metaforico di delicatezza, di particolare trasparenza, di cristallinità e di immediatezza. Maneggiarla con cura, come suggerisce volutamente l'autrice di questa interessante raccolta di poesie nel sottotitolo, è dunque indispensabile, se non perentorio, necessario, se non si vuol "rompere" l'atmosfera e l'incantesimo della intera costruzione poetica. Che è fragile, come ancora una volta il titolo, in modo molto esplicativo, afferma, perché potrebbe sfumare, sfrangiarsi, sfinire nella generale disattenzione della quotidianità, frettolosa e indirizzata verso altri obiettivi, più specificatamente legati al sopravvivere in questo tempo così caotico e in perenne crisi sociale e di valori. Voglio dire, che la poesia va letta e interiorizzata con attenzione, per integrarla nel proprio io direttamente, altrimenti c'è il rischio di banalizzarla, di non capirla: può volatilizzarsi, infrangersi sugli scogli metaforici di una realtà dura e difficile, come quella attuale: è fragile, la poesia, in questo senso, dunque. Ed Ester Cerere, che non allontana da sé la sua esperienza come ricercatrice biologa dall'atto creativo letterario, sa bene quanto sia importante porgere agli altri, ma soprattutto a se stessa, un mondo, quello poetico appunto, che ha una intelaiatura sottile, delicata, serica.
E' esplicativa in questo senso la prima poesia del libro, dal titolo che s'inquadra molto bene nel complesso disegno poetico propositivo dell'autrice, "Bolla di sapone": D'aliti di vento sospinta, / elegante e fragile, / nell'aria danzo. / Iridescenze mi vestono. / L'arcobaleno mi adorna. / In me il mondo si specchia. / Oscuro d'insidie / il mio cammino. / Il volo d'una farfalla, / la foglia d'un pino, / temo. / Persino, il dito d'un bambino.
E' evidente l'immedesimazione dell'autrice, che canta in prima persona, nel tessuto fragile della vita, della quotidianità, e quindi la sua poesia, fragile, ricalca la delicatezza e la sobrietà, l'innocenza persino, di certi aspetti della natura e del sociale. Ester Cecere scrive quasi con distacco le sue liriche, ma è un distacco tecnico, non emozionale, un distacco che indica rispetto e pregio del contenuto, del detto, non quindi un'assenza di sentimento, un freddo narrare asettico. Anzi, la sua "delicatezza", la sua "fragilità", assume un carattere di precisa affermazione, a volte anche di velata denuncia: Maschere / d'un carnevale impazzito / nella mente impotente / s'accalcano, / grottesche, cudeli, irridenti, / all'angolo il cuore mettendo..."
Abbiamo detto del distacco, ma è proprio grazie a questa sua prerogativa, quella di accostarsi quasi in punta di piedi al mondo poetico, al suo mondo poetico, con grande rispetto e persino timore, che Ester Cecere riesce a creare strutture poetiche dolci, apparentemente pacate, ma cariche di una visionarietà eccezionale, che abbraccia la natura e l'uomo, visti con i propri occhi, la propria mente e il proprio cuore: è lei stessa infatti la protagonista del suo dire poetico, è lei al centro delle cose e del panorama intero. Osservatrice attenta, la nostra autrice riesce a penetrare nel minimalismo delle cose per ricavarne frutti di grande valore etico e morale, fino ad allargare il suo orizzonte privato a quello più ampio dell'intero consesso umano: "Ch'io viva / godendo / di notti senza luna. / Ch'io viva / fremendo / allo schiaffo del maestrale. / Ch'io viva / apprezzando / il volo basso dei pipistrelli"...
Ester Cecere si pone dinanzi al mondo e al suo mondo non con atteggiamento di sufficienza né di ampollosa certezza: lei non ama definire le cose, ma lascia sempre un velo di incertezza, di indefinitezza, il che non è pessimismo o riluttanza o rassegnazione di fronte all'inestricabile visione e percorso della vita, bensì consapevolezza poetica del grande mistero universale che ci circonda e ci permea, nonostante l'affannosa ricerca di un perché ancora squillante, sempre risuonante nel nostro cuore e nella nostra mente: "Incerta / la mia alba. / Nel mare rosso sangue / annaspo."
Questo libro di Ester Cecere, impreziosito da un'ottima e dettagliatissima prefazione di Nazario Pardini, davvero è da "maneggiare con cura", anzi da apprezzare e gustare con cura, perché offre motivi di riflessione da cogliere attentamente nei suoi versi, e tra i suoi versi, brevi, delicati, ma veramente profondi.

Ester Cecere, "Fragile, Maneggiare con cura", Kairos Edizioni, Napoli, 2014. Prefazione di Nazario Pardini.

Giuseppe Vetromile

6/7/14

venerdì 4 luglio 2014

"ConTatti DiVersi", una nuova Antologia dei "Poeti Viandanti"

ConTatti DiVersi è il titolo della nuova antologia creata dal Movimento "Poeti Viandanti" per "DeComporre Edizioni", Gaeta, con prefazione di Floriana Coppola e Lory Nugnes, e introduzione di Sandra Cervone.
Ma chi sono i "Poeti Viandanti"? Un Movimento libero, assolutamente libero e aperto, che vuole seguire, nel senso letterale e nella metafora, la poesia autentica e viverla pienamente, al di là di ogni possibile schema, corrente, cliché, opportunismi. Il Movimento nasce nel 2008 in occasione del Festival Internazionale di Poesia "Voci del Mediterraneo", e da allora nel suo ambito si sono organizzati diversi incontri di poesia. Da alcuni anni si è intensificata la presenza dei "Poeti Viandanti" in manifestazioni a carattere sociale apportando il proprio contributo attraverso "costruzioni sillogiche" e "partiture" create ad hoc. Il Movimento ha inoltre all'attivo diverse pubblicazioni, ultima delle quali è appunto la presente Antologia, ed è inoltre molto attivo e presente in manifestazioni letterarie e sociali organizzate sul territorio.
In questa recente Antologia è interessante notare come la poesia possa tranquillamente (e senza correre il rischio di degradarsi) connettersi ed integrarsi a vicenda con i versi di più autori, fino a ri-creare una nuova atmosfera, se non un nuovo panorama emozionale, che si evidenzia nella rielaborazione delle singole poesie, in formazioni più complesse (Tandem estemporanei, Sillogi a più voci, Trittici estemporanei, Epilogo a più voci). Il risultato è curioso ma molto bello, intenso, e riesce a dare sicuramente un valore in più alle singole voci poetiche. Bisogna riconoscere in Floriana Coppola e Lory Nugnes la grande competenza e sensibilità poetica nell'aver ideato e progettato un'antologia diversa dalle solite, con scelte appropriate dei testi, effervescente e piacevolissima da leggere e da consultare.
Le voci poetiche incluse: Patrizia Caporossi, Sandra Cervone, Floriana Coppola, Stefania Di Lino, Sara Di Mare, Gabriella Gay, Marilina Manzo, Marion Nugnes, Lory Nugnes, Roberta Aquilini, Rita Bravi, Simona Saletti, Walter Ausiello, Alessandra Fanti, Giuseppe Vetromile, Elena Tabarro, Adriana La Volpe, Cinzia Platania, Raffaele Gentili, Maria Grazia Falsone, Elisa Irene Anastasi, Anna Minicucci, Patrizia Stefanelli, Eddy Galdini, Lia Manzi, Vera D'Atri, Paola D'Ajello Caracciolo, Sybilla Gisin, Anna Avallone, Clara Nichele, Antonello Musto, Angela Schiavone, Tiziana Giammetta, Marisa Ferraro, Angela Marano, Toni Piccini, Alberto Barra, Bruno Marone, Katia Bovani, Alessandra Fumagalli, Elena Varriale, Pasquale Esposito, Antonella Bottacci, Mariarosaria Distefano, Sara Grimaldi, Bruno Russo Athos, Erenio Fasano, Leonardo Marano, Ciro Tremolaterra, Raffaela Danzica, Nunzia Tirelli.

Poeti Viandanti, "ConTatti DiVersi", deComporre Edizioni, Gaeta, 2014. Introduzione di Sandra Cervone; Prefazione di Floriana Coppola e Lory Nugnes. Copertina di Sybilla Gisin.


mercoledì 25 giugno 2014

La magia della parola. Una nota critica di Marcella Di Franco sulla produzione poetica di Maria Teresa Liuzzo

Accostarsi alla complessiva produzione poetica della poetessa calabrese contemporanea Maria Teresa Liuzzo, nata nel 1956 a Saline di Montebello Jonico, significa inoltrarsi nei ‘meandri dell'essere’, nel labirinto di un'anima dalla straordinaria profondità. I versi raffinati della poetessa fluiscono armoniosi e, nella loro apparente semplicità, guidano verso i primordi dell'esistenza  universale, aprono uno spiraglio sull'Infinito che ammalia con il suo prepotente richiamo ancestrale. Nelle parole adoperate da M. T. Liuzzo aleggia un afflato cosmico, il ‘respiro del mondo’, un palpito caldo e struggente nel quale il dolore si sublima e dall'Io-Coscienza dell'individuo singolo si trasmette alle immagini di un presunto mondo reale ed oggettivo. Ogni particolare della realtà è continuamente riplasmato dalla sua fervida creatività in puro simbolismo metaforico, metafisica allusiva, surrealismo visionario.
Già dal titolo di una delle sue numerose sillogi, Autopsia d'immagine, si desume con efficacia il binomio morte-vita che è il polo unificante di tutte le centonove liriche che la compongono. L'indagine analitica del senso ultimo dell'esistenza scaturisce vivido soprattutto attraverso le immagini che la memoria riesuma dal passato: frammenti di nostalgie, sprazzi d'infanzia,  impressioni di sogni evanescenti, lusinghe di felicità perdute. Il ricordo si assimila allora al profumo di un petalo di rosa, ritrovato per caso tra le pagine di un libro, che si credeva dimenticato: ma basta sfogliare quelle pagine, annusare i fragili resti del fiore per ritornare, come Proust, indietro, alla ricerca del tempo perduto, per essere catturati dall'immagine completa della rosa, quand'era viva,  nel pieno rigoglio di un roseto appena sbocciato. Ma è come se l'autrice aggiungesse che, anche negli aspetti più radiosi dell'esistenza, si annidi il tarlo della consunzione, della morte, della precoce dissolvenza: ‘piaghe di roseto’, ‘cardi’, ‘inferno di spine’, ‘trincea delle spine’, ‘il rosso del papavero’ che diventa ‘sangue acre di labbra’, il ‘miele’ misto al ‘veleno’, si legge in ordine sparso nelle sue numerose liriche.
L'ordito poetico è costruito su continui ossimori: la radiosità accecante del sole si contrappone alla cecità della coscienza che brancola nel buio della notte, metafora dell'incapacità umana di cogliere ‘l'incognita di esistere’, il senso inafferrabile e misterioso della vita. ‘La quiete apparente dell'azzurro’ cela l'enigma della ‘realtà feroce e vera’, la dolcezza esteriore della vita si infrange contro le sue brusche impennate di dolore e crudeltà, il ‘sangue’ continuamente versato, quale conseguenza della ferocia del mondo naturale, o dell'odio umano: ‘Parlami della morte prezzo della vita’. Le speranze inseguite, le attese del futuro, si coagulano intorno alle immagini della ‘luce’ opposte al grigiore della vita quotidiana: sono come ‘aquiloni’ che volteggiano ‘sui giardini dei crisantemi’.
Il senso cupo ed opprimente della morte, puntuale rovescio della medaglia della vita, la lenta e fatale corrosione delle cose, la caducità e l'estrema fragilità esistenziale, trovano il loro correlativo oggettivo nei continui corredi funerari: la bara, le croci, gli scheletri, i bisturi del chirurgo, i fantasmi, il dialogo con i morti, che si insinuano anche dietro le più solari e mansuete epifanie della vita. La natura si oppone all'uomo come la mater matrigna di leopardiana memoria, fredda ed indifferente alle sorti dei mortali. La solitudine, l'angosciante consapevolezza della ‘barriera dei giorni’, di una vita abitudinaria e ‘sempre uguale’, che scorre lenta e tranquilla, come ‘spento mormorio di ruscelli’, in apparenza mite, ma che nel suo implacabile corso trascina tutto verso
l'inevitabile rovina. Ed in questo inarrestabile cammino procede l'accumulo degli anni, con il loro peso progressivo e crescente, nel quale l'uomo si trascina dietro il fardello di non poter ‘dimenticare’ il proprio passato. L'uomo resta così prigioniero delle proprie stesse ‘gabbie d'illusioni’, senza le quali non sentirebbe la vita che nel dolore, anche quando, vanamente rincorse, si infrangono contro i ‘muri’, emblemi dei limiti umani, di un'impossibile libertà dai  condizionamenti storici, sociali, culturali, di quell'humus di appigli terrestri dai quali è impossibile prescindere, senza rischiare di annullare l'essenza stessa dell'essere umano. Gradualmente, con il tempo, anche il ‘corpo’ si svuota di aspettative e speranze e il percorso della vita, divenuto ‘vuoto’, privato della sua consistenza materiale, si assimila ad un ‘fantasma’ che si aggira e alita ancora
dentro la vita: ‘Apparenza di passi siamo’, ‘Consistiamo in un sogno di creta’, ‘Siamo canne vestite di tormento’, ‘Un frusciare d'uomini e di foglie’, ‘Miraggio di un'essenza che s'illude divina’.
L'universo cupo e pessimista della Liuzzo, a volte dipinto a tinte crude e fosche, ma senza mai sconfinare nel compiacimento gotico, sembra non essere rischiarato da alcuna luce di fede divina, da alcuna finalità escatologica: le sofferenze, gli affanni, il dolore del vivere non sono riscattate da alcuna possibilità di fuga, per quanto testarda e sempre viva resti nell'uomo l'aspirazione a volare come un ‘albatro’, per poter ‘saltare il blu oltre il muro’, attingere l'Assoluto, ricongiungersi in chiave panteistica al Tutto di cui l'uomo fa parte, per quanto esiliato nella mortificante limitatezza del contingente, ed assurgere finalmente ad una dimensione intangibile, di inalterabile infinità.
Nell'ossessivo ripetersi ciclico del "nulla eterno", nel cerchio senza né inizio, né fine, si raccorda il fluire eterno dell'essere nel divenire, dove si alternano ‘apparizioni e scomparse’, in cui il tutto diventa ‘eterno ritorno’, come in Nietzsche. L'uomo per la Liuzzo resta confinato nel suo desolato solipsmo, ‘gettato’ in un mondo caotico, rumoroso, superficiale e violento che non smette mai di ‘piantare nel petto un campo di croci’ senza un perché. ‘Non chiederci la formula che mondi possa aprirti/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo’ scriveva già Montale. Similmente la Liuzzo afferma: ‘La vita è un treno d'estranei vagoni/ a folle velocità lanciati/ sfuggenti al pensiero’. Non
mancano anche gli echi che rinviano ad Ungaretti ai quali, come in un controcanto, la Liuzzo soggiunge: ‘e le stelle si spengono al nostro quieto passare’.
Solo la forza dell'amore, della solidarietà e della fratellanza, messaggio che emerge dalla poesia dedicata a Madre Teresa di Calcutta, sono capaci di spezzare le ‘forbici d'ansia’, i ‘nodi di catene’, ‘l'amaro filo della vita’, in ultima analisi tutto il pianto ed il dolore di cui è intriso il mondo: ‘Non ci è amico il mondo’, né ‘la farsa dei tempi’ tanto più dei nostri, del Terzo Millennio.
L'unica via di salvezza in grado di incivilire l'uomo, è come già per il Foscolo, il canto poetico, ‘il sangue deporre sulla carta per non morire’. Solo la scrittura creativa, il Dàimon, il fuoco dionisiaco dell'ispirazione poetica, può esorcizzare la morte, perché la parola è forte più del tempo, più dell'amore, più dell'odio, più delle guerre e delle violenze, più della fortuna mutevole e cieca.
Svaniscono i ricordi, l'ansia delle attese, le gioie e le tristezze, persino i dolori più atroci, ma la scrittura sopravvive alla polvere del tempo, al fiore che presto diverrà ‘cenere’, al buio che rapido subentrerà al ‘sole di un istante’. La vertigine della scrittura poetica, la ‘magia della parola’ diventa dunque nella Liuzzo catarsi aristotelica che sconfigge i controsensi esistenziali, che dà ‘il senso dell'andare’. Nella sua delicata sensibilità, la poetessa non aspira alla fama, alla notorietà: ‘il seme rifiutare della gloria’.
Ha sottilmente osservato l'eminente critico irlandese Peter Russell che, se togliessimo i titoli di ciascuna delle liriche che formano la vasta produzione della Liuzzo, affiorerebbe ‘un'unica trama’, ma resterebbe forse ancora più forte la sensazione di essere stati catturati dal suo particolare flusso di coscienza: un caleidoscopio inesauribile di pensieri, di immagini e di parole, dove ciò che è, ‘non è più l'attimo dopo’, dove tutti gli esseri viventi ‘siamo l'attimo’, ‘onde siamo’, ‘siamo l'erba’, ‘granello di sabbia’, ‘scintilla dell'attimo’, siamo semplicemente ‘l'attimo fuggente’.

Da Autopsia d’immagine di Maria Teresa Liuzzo, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice , 2002, pp.41,43 e 51:

Nel profumo di un fuoco lontano

In punta di piedi procedere
su scaglie vetrose d'insetti,
l'incertezza rimuovere
del pensiero, saltare il blu
oltre il muro, percepire
il profumo di un fuoco lontano
e togliere le catene ai fiori
tra i fili spinati della seta,
scrostare le terrose squame...
Apparenza di passi siamo
e spento mormorio di ruscelli
se perdiamo il senso dell'andare.


Sillaba di luna

Nulla trattenere del tempo
nell'effimero spazio
dell'esistenza o una sillaba di luna
che illumina il pianto
e dà voce al silenzio. La memoria
riporta la barriera dei giorni
e la tua mano perduta nella mia
all' ombra declina
d'un aquilone.


Attori

Ed eccoci,
ospiti graditi sulla scena,
tatuaggi di colori
senza tocchi di dita.
Respiro del discontinuo ci travolge
la rapida del tempo:recitiamo brandelli d'acqua.
 
Bibliografia

M. T. Liuzzo, Autopsia d’immagine, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice, 2002.
M. T. Liuzzo, L’acqua è battito lento, Lineacultura, 2001.
M. T. Liuzzo, Eutanasia d’utopia, Jason Editrice, Reggio Calabria,1997.
M. T. Liuzzo, Umanità, Jason Editrice Reggio Calabria,1996.
M. T. Liuzzo, Apeiron, Jason Editrice, Reggio Calabria,1995.
M. T. Liuzzo, Psiche, Poeti del secondo ‘900 italiano, Jason Editrice, Reggio Calabria,1993.
M. T. Liuzzo, Radici, poesie dell’anima, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice,1992 .



Nota bio-bibliografica
Marcella Di Franco è docente di Lingua e Letteratura italiana e latina di scuola secondaria superiore. Nutre da sempre un vivo interesse per la scrittura creativa. Ha pubblicato una monografia storica per il Centro Studi Sanguis Christi (Roma), 2010 (www.csscro.it).
Suoi articoli, saggi, recensioni e testi letterari sono apparsi in varie collane antologiche, riviste culturali, italiane e straniere, tra le quali: Gradiva, International Journal of Italian Poetry, diretta dal Prof. Luigi Fontanella, Dipartimento di Lingue, letteratura e cultura europea dell’Università Stony Brook di New York, USA, anno XXXVII, n.43-44, Leo S. Olschki editrice, Firenze, 2013, p.91, p.211 (www.olschki.it/periodic.htm); AA. VV. Il Federiciano 2013 - Libro blu, Aletti editore, Villanova di Guidonia (Roma), 2013, p.58, (www.alettieditore.it); AA. VV. Antologia del Premio letterario Napoli Cultural Classic, Albus Edizioni, Caivano (Napoli), 2014, pp.64-66, (www.albusedizioni.it); La Nuova Tribuna Letteraria NTL, anno XXIII, n.112, Padova,2013, pp.11-12 (www.literary.it); Astolfo, quadrimestrale del Dipartimento di Scienze Letterarie e Filologiche
dell'Università di Torino, diretto dal Prof. Giorgio Barberi Squarotti, Edizioni Dell'Orso, Alessandria , anno IV, n.1, pp.57-67; Cultura e prospettive, n.16, e n.17, Catania, 2012 (www.ilconvivio.org, supplemento all’Accademia Internazionale Convivio n.50 e n.51); Artea - Ruba un raggio di sole per l'inverno, Edimond, Città di Castello (Perugia), p.67; Storie/All write,
periodico internazionale bilingue, Leconte editore, n.59, Roma, p.140; Il Ponte Italo-Americano, bimestrale italiano-inglese, diretto dal Prof. Orazio Tanelli, anno XIII n.5, p.26; anno XV n.4, p.21; anno XVI n.1-2, p.13 e p.32, Verona, New Jersey (USA); Art & libri, mensile diretto dallo scrittore Mario Grasso, anno VIII, n.28, Catania, pp.1-2. Storie e racconti di mare, vol. XII.
Opere selezionate dal concorso Fatti di bordo nel XXV Premio Artemare, Catania, pp.127-134,
(www.artemare.it/Racconti%20XIII.pdf); Antologia Mons Aegrotorum, Venilia editrice, Padova, pp.31-32; Silarvs, rassegna bimestrale di cultura, anno XXXI, n.169, Salerno, pp.62-67; Antologia Città di Leonforte, XIV edizione, Enna, pp.50-63. Alcuni dei suoi testi letterari sono catalogati nella Biblioteca del "Centro di ricerca sulla poesia contemporanea S. Zuppardo" di Gela (CL), 2013.
Tra i numerosi premi letterari nazionali di poesia e narrativa conseguiti, si ricordano: seconda classificata nella IX edizione del premio internazionale artistico - letterario Napoli Cultural Classic, sezione lingua straniera, Nola (Napoli), 2014 (www.culturalclassic.it); V edizione del premio Dario Prisciandaro, Perdifumo (Salerno), (www.positanonews.it/articoli/96403/perdifumoXII_meeting), 2013; finalista nella V edizione del premio internazionale Il Federiciano, Rocca Imperiale (Cosenza), 2013; I edizione del Premio Angelo Musco, presieduto dal Prof. Giovanni Tropea, Milo (Catania), (www.comunedimilo.ct.it/premiomuscoediz2007.htm); VI edizione del premio Subway letteratura, IULM di Milano, finalista per la sezione città di Palermo (www.subway-letteratura.org), 2007; prima classificata nella I edizione del Premio Artea, Citta di Castello (Perugia); IX edizione del premio A.s.c.a.m.e.s., Caltanissetta; III edizione del Premio Il Convivio, prov. di Messina; XXV edizione del Premio Artemare, Riposto (Catania), presieduto dal Prof. Orazio Licciardello (www.artemare.it/Racconti%20XIII.pdf); segnalata nella I edizione Exit - La Clessidra, Milano; prima classificata nella XXX edizione del Premio Tiracivm – prov. di Messina; finalista nella I edizione del Premio Mons Aegrotorum, Padova; V edizione del Premio Dr.Gennaro Scetta, Città di Poggiomarino, Striano (Napoli); XXV edizione del Premio Silarvs, Battipaglia (Salerno); terza classificata nella XIV edizione del Premio P.E. Santangelo, Leonforte (Enna), presieduto dal critico letterario Carlo Muscetta. Ha anche vinto una competizione universitaria, promossa dal Movimento per la Vita italiano, V e VII edizione, premiata con un viaggio al Parlamento Europeo di Strasburgo e, in occasione della XXV annualità del Concorso Europeo, nel 2012, è stata invitata nell’Aula Paolo VI, Città del Vaticano, insieme ai vincitori delle precedenti edizioni.

giovedì 19 giugno 2014

"Nel rosaio che punge di versi", di Giuseppina Fazio

Quando si parla di poesia, e di tutto ciò che in qualche modo riconduce ad essa, al suo mondo, è facile riferirsi ai grandi personaggi che hanno dato lustro a questa arte sopraffina e importantissima, sia delle epoche passate, sia della nostra contemporaneità. E quindi il pensiero va ad Orazio, Dante, Leopardi, Ungaretti, Montale, Luzi, Merini, per citare solo qualche Nome illustre della nostra Letteratura.
E' chiaro d'altra parte che accanto a questi Grandi, ce ne sono stati e ce ne sono altrettanti, validissimi, e l'elenco sarebbe anche troppo lungo da comporre, che non hanno avuto la stessa notorietà, per vari motivi che non staremo qui ad esporre. Dico questo, perché ogni qualvolta mi capita di trovarmi dinanzi ad un libro di un poeta esordiente o già esperto in questo campo, ma non ancora del tutto affermato, inevitabilmente mi viene da riflettere sul perché tanta buona qualità poetica non debba essere giustamente riconosciuta, apprezzata e ulteriormente incoraggiata: quando, invero, mi trovo dinanzi una poesia che abbia tutte le carte in regola per essere veramente tale! Non che voglia paragonare il poeta o la poetessa "Ics" ad uno di quei Grandi di cui sopra, beninteso, ma è certo che la buona Poesia, facendosi amare e "rapire" già ai primi versi di una raccolta, di un libro, si manifesta pienamente e dignitosamente anche da parte di chi la vive parzialmente in ombra e non al sole pieno come i Grandi, i Noti, gli Affermati. Quando è vera Poesia!
Tutto questo preambolo per dire che Giuseppina Fazio, poetessa lancianese, è da ritenersi senz'altro appartenente a quella nutrita schiera di persone (nutrita ma non numerosissima!) che fanno ed esprimono poesia in modo egregio, anche se non molto conosciute nell'"entourage" canonico, classico, del panorama letterario e poetico italiano contemporaneo; almeno per il momento!
Leggendo quindi "Nel rosaio che punge di versi", ho subito percepito la buona aria della vera poesia, di quelle che ti meravigliano positivamente già scorrendo i primi versi, e la mia riflessione immediata è stata appunto quella sui poeti egregi e sulla poesia buona che purtroppo fatica a diffondersi e che certamente meriterebbe una maggiore visibilità e affermazione. Cosa che non escluderei a priori per la nostra brava lancianese Giuseppina Fazio, sorella peraltro di una poetessa già abbastanza nota: Nicoletta!
I numeri, le cifre, come suol dirsi, in Giuseppina, ci sono davvero e sono di qualità ineccepibile.
Le sue costruzioni poetiche cominciano quasi in sordina, in un silenzio di attese e di aperture al mondo: come in un rosaio che punge di versi, titolo di questa bellissima raccolta poetica, i componimenti di Giuseppina pungolano, ma senza ferire, l'animo del lettore, quasi a stimolarlo, a convincerlo ad aprirsi, ad aprire il proprio cuore e la propria mente per meglio affrontare il cammino del mondo, un rosaio per l'appunto! Ed ella, come dicevo, si accosta al suo racconto poematico lievemente: "Lumache i miei / versi / strisciano lente. / Ma fa' che piova... / arriveranno / all'improvviso / come il temporale, / per riperdersi / al primo raggio / di sole. / Ma fa' che piova."
Poesie brevi, incisive, delicate, ma nello stesso tempo pregne di un significato profondo, che va ben al di là della connotazione scritturale, in quanto le parole, i termini, assumono spessore e a volte un forte senso metaforico o addirittura allegorico: "La penna che usi / non semina che disperati / incanti. / Ma le sirene / ti parleranno / ancora / di chiacchierate solitarie / con un cuore / cui s'appigliano / le spume del mare. / La nube che t'adombra / sarà acqua / per nuove spighe / e nuovi papaveri." Così il senso profondo dei suoi versi si allarga a dismisura, travalica la materia, il mare e il cielo, le ombre, il sole, per cercare nel mistero del creato la ri-creazione, la nuova speranza, la nuova fioritura, le nuove spighe. E questo, nonostante il chiacchiericcio delle sirene accanto, cioé il disturbo di sottofondo della quotidianità asettica e ortodossa.
E' un canto sommesso rivolto alla natura, un canto sussurrato ma veemente, che infonde coraggio e speranza: questo il sottile ma significativo sottofondo o filo conduttore che risulta evidente leggendo le poesie di Giuseppina Fazio in questo "Rosaio che punge di versi". I suoi temi poetici spaziano dalla memoria all'ambiente, dalla società alla natura, a volte sono proiezioni dell'intimo su un tessuto di cielo e di luci esterno, ma che non è separato, non è diviso dal proprio mondo interiore. A volte Giuseppina prende ottimi spunti da citazioni di altri, e l'esergo scelto molto opportunamente all'inizio dei suoi versi non fa che avvalorare l'intera sua poesia: come in "Versi di contrabbando", per esempio, in cui la nostra brava poetessa prolunga in un certo qual modo la citazione del Montale (Non ho che queste parole / che come donne pubblicate / s'offrono a chi le richiede; ...) per continuare a dire: "Oggi faccio / quattro versi / di contrabbando / rubati / dalla pila / dei piatti / per lisciarmi / le mani / dopo tanto ciarpame, / riapro i cassetti, / cerco un foglio, / uno solo, / che non abbia una notizia, / un deposito d'unto, / un debito di ricordi / con il cuore. ....."
Un libro ben progettato e realizzato, anche dal punto di vista tipografico: bello e comodo da portare con sé e da aprire seduto su una panchina del lungomare o in una piazza medioevale sorvolata dalle rondini festanti. Una poesia che merita di essere letta e conosciuta ancora di più, perché Giuseppina Fazio è una di quelle poetesse che lavorano in silenzio e con studio pertinace, ma con il cuore in mano, con tutto l'amore verso il mondo e verso l'uomo.

Giuseppina Fazio, "Nel rosaio che punge di versi", Tabula Fati Editore, 2013.

Giuseppe Vetromile
19/6/2014

venerdì 7 marzo 2014

Il Libro Quarantanovesimo della Rivista "Secondo Tempo"

E' da poco uscito il Libro Quarantanovesimo della pregevole Rivista Letteraria napoletana "Secondo Tempo", Marcus Edizioni, a cura di Alessandro Carandente.
Dopo due numeri monografici consecutivi dedicati, il primo, a Giuseppe Pontiggia nel decennale della morte, e il secondo al compianto Alfonso Malinconico, scrive Carandente nel suo Editoriale di apertura, questo quarantanovesimo numero (Libro) della Rivista si presenta nuovamente con le sue solite interessanti rubriche letterarie.
Abbiamo dunque, per i "Testi inventivi", i contributi di Alessandro Carandente, Giuseppe Vetromile, Pasquale Della Ragione, Giovanni Fontana, Carlo Di Legge, Domenico Cara, Gerardo Pedicini e Salvatore Violante. Nella sezione "Interventi critici" troviamo le riflessioni di Carlo Di Lieto, Giuseppe Panella, Raffaele Perrotta, Gian Battista Nazzaro. Ed infine le recensioni di: Daniela Sciarelli, Alessandro Carandente, Salvatore Violante, Franca Alaimo, Lorena Liberatore, Carlo Di Legge e Rubina Giorgi.
La copertina di questo Quarantanovesimo Libro è di Pietro Lista.

domenica 9 febbraio 2014

"La mia vita davanti", un libro di poesie di Silvia Verdoliva

Il diario è un intimo strumento letterario su cui riversare, quotidianamente, le proprie riflessioni, i propri dubbi, e le gioie e i dolori, insomma tutto ciò che muove e sommuove il proprio animo. Un alter ego con cui dialogare, da cui trarre spunti e annotazioni per imprese e progetti futuri. Lo si tiene segretamente nel cassetto, perché è una reliquia preziosa, è la nostra stessa persona, senza falsi cliché e senza infingimenti: naturale e autentica. Ma rimane un diario, un quaderno con un grande valore umano ma senza nessun valore letterario (a meno che non sia un'opera importante, del tipo "Il diario di Anna Frank). Quando poi questo "diario" assume le fattezze di un'opera letteraria di un certo rilievo, e nella fattispecie un testo poetico, allora la cosa assume tutto un altro aspetto.
Nella maggior parte dei casi, però, quando il poeta esprime le sue riflessioni e il suo stato d'animo in versi, in un lungo viaggio che parla dei propri problemi esistenziali, può cadere nella trappola dell'autoreferenzialità, del "piangersi addosso" e della melensaggine, tutte caratteristiche che denotano negativamente un percorso poetico che dovrebbe, in effetti, estrapolarsi da tali contaminazioni sentimentali. E' sorprendente, dunque, come in "La mia vita davanti" di Silvia Verdoliva, tale estrapolazione, tale distacco, si renda evidentissimo, e in modo pregevole. Il "diario" di Silvia, che è un diario di vita, di vissuto, di aspettative tradite, di sentimenti intensi provati e negati, è coraggiosamente narrato in versi, versi che trasportano già in sé la forza e l'intensità delle prove giornaliere, sia dal punto di vista sentimentale che da quello umano e sociale, che la nostra autrice ha affrontato finora. Voglio dire che esprimere la propria vita e i propri sentimenti in poesia, lungi dalla mera annotazione, per quanto accorata e intensa, sulla pagina del proprio "diario", diventa operazione raffinata, valida artisticamente e culturalmente, aderente appunto ai canoni e alle modalità essenziali dello scrivere di poesia: laddove è opportuno e, direi, sostanziale, distaccarsi ed elevarsi dal piano invischiante dell'immediatezza sentimentale, per produrre con maggiore "scienza" e padronanza e tecnica e stile, il dire poetico. Un po' come quando in polizia viene affidato il "caso" ad altri perché il commissario di turno, essendo direttamente coinvolto in quanto parente dell'ucciso, potrebbe non essere del tutto lucido razionalmente nell'affrontare la situazione.
E Silvia Verdoliva, scrivendo questa bella raccolta poetica, riesce a vedere "razionalmente" davanti a sé, davanti alla sua vita, imbrigliando bene tutto il subbuglio interiore che in primis genera la sua forza poetica, la sua creatura poetica; e lei è ben consapevole di ciò. La poesia non nasce semplicemente dall'esperienza di vita, ci vogliono poi attrezzature adatte e particolari inclinazioni, capacità quasi innate che devono essere costantemente coltivate e interrogate, per procedere sempre meglio lungo la strada della poesia, del fare poesia. Altrimenti si ricadrebbe nella semplicità del "diario", che tutti in qualche modo sono in grado di scrivere.
Come ogni buon libro di poesie che si rispetti, anche questo di Silvia Verdoliva, "La mia vita davanti", ponendosi, ripeto, molto più in alto, artisticamente parlando, rispetto ad un semplice diario, espone un progetto itinerante, un "viaggio", che prende, sì, spunto dalla propria intima storia personale, dal proprio vissuto, ma nel contempo riesce ad estrapolarsi dal "personale", per divenire condivisibile universalmente: è questo, come dicevo, il pregio della poesia, e in particolare quella di Verdoliva: saper tradurre, rendere, riplasmare, il proprio vigore sentimentale, in modo tale che il lavoro poetico derivante sia effettivamente episodio, fatto, operazione artistica e letteraria alta, valida per tutti. E il suo è un viaggio che parte da lontano, dai primi sentimenti genuini di ragazza pronta alla vita, sentimenti che restano poi, via via, incapsulati ma non frantumati, non sfumati, dalla durezza della realtà quotidiana, dalle spigolosità della vita e, anche, dalla cattiveria delle persone vicine. "La mia vita davanti" è un affrontare consapevole il futuro, sulla base, potremmo dire, delle esperienze trascorse, negative alcune, sì, ma sufficienti a donare all'autrice una veste più robusta, uno sguardo più perspicace sul mondo: è una presa di coscienza poetica coraggiosa, direi quasi eroica; un "ritorno al mondo" del tutto consapevole: "Invece oggi torno al mondo: / rocambolesco mio tonfo! / In uno spazio troppo angusto, / in un dolore assai profondo. / E allora, / vorrei che fosse pioggia / vorrei che fosse morte, / e vorrei restare sola / stanotte. / E vorrei che fosse vento / vorrei che fosse terra: / rossa terra nuova, / terra garganica..."
Ma poi il viaggio continua e l'autrice si rende conto che "E' finito il tempo / di tutte le cose. / Gettane qualcuna / nel pozzo dei ricordi / e pescane, di tanto in tanto, / una stilla di sorriso. / E' finito il tempo / di ballare. / Lascia al palco la bambina / e dille, senza compianto, / che più non crescerà. / E' finito il tempo di scherzare, / di dar matto - sonnecchiare. / Non è più tempo / dell'estate. / Delle stelle cadenti, delle / cosce bollenti - insensate risate!" ("Equinozio d'autunno"); sono versi che risuonano di una amarezza contenuta, quasi a convicere se stessa che la realtà quotidiana è purtroppo altra cosa rispetto ai sogni e alle dolcezze del passato.
Alle disillusioni, ad un amore tradito, spezzato, Silvia Verdoliva risponde con la positività della sua "Vita davanti", inserendo nei suoi versi tutta la forza, la sua veemenza, ma nello stesso tempo la sua dolcezza e la sua gradevole musicalità che rendono il suo dettato poetico fluido e ritmato, certamente elevato. Il libro è ben progettato, è evidente il lavoro di "confezionamento" dell'autrice nel realizzare tutto il suo "viaggio" nei propri sentimenti, e che riesce ad interessare intensamente il lettore fin dalle prime pagine.

Siamo quindi di fronte ad un'opera letteraria di ottimo livello, e chiudiamo queste riflessioni sul suo libro augurando alla giovane poetessa stabiese un percorso sempre più ricco di meritati successi poetici.

Silvia Verdoliva, "La mia vita davanti", Edizioni Creativa, 2013; prefazione di Sergio Saggese.

G. Vetromile
9/2/14

venerdì 7 febbraio 2014

Una nota di Raffaele Liguoro sul libro "Ero il ragazzo scalzo nel cortile" di Raffaele Urraro

Nell’accostarsi al titolo : Ero il ragazzo scalzo nel cortile, bisogna considerare due motivi
fondamentali : il ricordo e i mutamenti storici. L’opera si pone come un diario, a cui l’autore affida,
i sacrifici, i sogni, gli aneddoti di una vita, offerti dal contesto storico-culturale del dopoguerra e
dalle condizioni umane di una famiglia che traeva dalla terra il seme della speranza.
Così l’autore, nell’esprimere le verità elementari delle cose che lo circondano, assume un
linguaggio semplice, discorsivo, da diario appunto, evitando descrizioni affettate di un mondo
amato ed ora lontano; rifugge da stili e schemi ormai canonici della tradizione letteraria, alludo ai
clichès, abusati in poesia, dell’alba, della sera, degli alberi, del sole, delle stagioni ed di ogni altro
elemento della natura per esprimere le più varie condizioni umane. Si può dire come in questo caso
che la natura, in Urraro, sia vista essenzialmente per le sue componenti pratiche perché la
realtà in cui viveva richiedeva solo praticità e forza di braccia (imparai che la terra/produce per
amore/ anche quando riceve/ mille ferite al giorno).
Dall’infanzia alla maturità: l’autore stabilisce una continuità fra presente e passato, o meglio un
ritorno al passato che domina il presente. Come in un viaggio di andata e ritorno nei luoghi della
memoria, anche il lettore viene spinto e sospinto nella terra degli altri, prima, e nel liceo fatto di
straforo, dopo. Il poeta dipinge ai nostri occhi lo sguardo che aveva da bambino, le sbuffate
nascoste, quando nei giorni di festa accompagnava il padre nei campi o quando lui stesso alle tre di
mattina (o di notte) si portava al mercato su un’arrancante bicicletta. Da ogni testo traspare sempre
la riconoscenza e l’amore per la propria famiglia, soprattutto per il padre, che ha sempre creduto in
lui, tanto da spingerlo col suo orgoglio cocciuto/di bracciante agricolo agli studi. Se ne ricorderà
sempre il poeta, ricordando, in simbiosi, la maschera di polvere e sudore del padre.
L’avvicinamento dei concetti e dei valori di mezzo secolo fa mette rapidamente in luce la differenza
col modo di vivere di oggi. Ma questa lontananza chiarisce e rivela una somiglianza tra i sogni dei
ragazzi di allora e quelli di oggi.
Il volume presenta molte iterazioni (una su tutte : nella terra degli altri), che rappresentano uno dei
fattori più potenti di coesione e di organicità. Naturalmente non basta la semplice iterazione a creare
quell’equivalenza che è propria della poesia, perché non tutte le ripetizioni sono pertinenti se non
diventano elementi costruttivi del testo, se non entrano, cioè, in un più vasto processo di
correlazione fra le parti dell’insieme. I titoli di ogni poesia costituiscono dei veri e propri incipit
che proseguono solo per pochi versi( eccezioni sono : Quando salirai sull’albero delle ciliegie, quando mi fermo a navigare nei ricordi, per scrivere questi versi e solo le mani di mio padre che vanno a formare le vere e proprie liriche, inserite in questo organigramma dei ricordi) poiché Urraro
sorprende le attese del lettore virando il discorso verso la direzione opposta, per marcare una
particolare struttura sintattica o per sottolineare iconicamente il senso del discorso.
Raffaele Urraro poeta, critico letterario, professore di italiano e latino, raffinato studioso del maggior poeta dell’ottocento (Leopardi) e non solo, a differenza di quanto si possa aspettare, non tiene conto degli alti esempi dei suoi predecessori e adotta volontariamente, un verso tutt’altro che classico nel metro, in cui è abolito l’uso della punteggiatura in favore di un’espressione più diretta, che stia a sintetizzare la velocità del pensiero e l’irruenza degli imput emotivi.
In questo volume, Urraro si pone come cronista, egli racconta senza troppa enfasi (questo è uno dei
pregi dell’opera) la vita non di una sola famiglia ma di una società , andando quindi dal particolare
all’universale; parlando in prima persona egli riporta trasformazioni e mentalità di una generazione
che aveva voglia di evolversi. Tutto questo è eloquentemente espresso nella poesia: eravamo in tre
a sognare. Infatti in questo testo il poeta non parla solo del suo desiderio di divenire partecipe della
vita pubblica e di trovare una collocazione nella giostra mirabolante della vita, ma include altri due
ragazzi che insieme a lui condividevano gli stessi sogni. Il vero pregio dell’opera rimane quello di
lasciarsi leggere con gusto e partecipazione. In questo senso il volume può essere paragonato ad un romanzo. Ma perché limitarsi a un paragone, quando in ogni pagina si può leggere una microstoria che rinvia inevitabilmente alla pagina seguente, e la seguente, sviluppando quella precedente, apre ad un nuovo ciclo? Ma perché limitarsi ad un paragone se ogni pagina non è altro che un divenire, un progressivo focalizzarsi dell'attenzione sul singolo individuo e sulle persone a lui vicine? Ma perché limitarsi ad un paragone se ogni pagina di questo libro contribuisce a creare una trama,
un’ambientazione e a narrare una vicenda? Perché limitarsi a paragonare questo libro ad un romanzo quando esso è un romanzo?
(Raffaele Liguoro)

lunedì 6 gennaio 2014

La poesia del mondo contadino di Giovanni D'Amiano

Può avere anche il dialetto, e nella fattispecie il dialetto napoletano, un livello "alto" e colto di espressività poetica? Per meglio dire, riferendoci alla lingua italiana, sappiamo molto bene che esiste una modalità letteraria che si distingue dall'uso corrente, dal parlare quotidiano, per un dire più elevato e più ricco, qualitativamente migliore; e questo sia in produzioni di narrativa che di poesia, di saggistica o di altro genere letterario. Quando si scrive, soprattutto quando si scrive, è normale quindi che si faccia il miglior uso della nostra bella lingua italiana, ma ciò vale, ripeto, anche per il dialetto? A parte i numerosi "distinguo" che innalzano il dialetto a vera lingua (molti, infatti, asseriscono che il napoletano lo è in effetti, e con dignità...), resta comunque la delusione e l'amarezza di dover constatare che il dialetto è, ahimé!, spesso masticato molto male specialmente quando lo si scrive. Non credo ci sia bisogno di essere particolarmente esperti in questo campo, per accorgersi che, purtroppo, e parlando in modo specifico del dialetto napoletano, non ci sia più quella precisione, quella correttezza e quella forbitezza nel produrre scritti in dialetto. I giovani napoletani tendono a scrivere così come parlano, e non credo che questo sia del tutto corretto. D'altra parte non esistono più, o forse sono rimasti ben pochi, importanti riferimenti e guide in questo campo, poeti e scrittori classici di rilievo che a Napoli hanno fatto scuola, contribuendo alla diffusione del buon dialetto scritto, parlato e cantato.
Non voglio dilungarmi su questo argomento, che andrebbe meritatamente trattato in altre sedi. Ma mi fa molto piacere constatare che uno di questi riferimenti importanti nel panorama attuale della letteratura napoletana, è senz'altro, a mio avviso, il poeta Giovanni D'Amiano.
Il nostro poeta, il quale tiene con giusto orgoglio a precisare che è di origini contadine, è riuscito a creare con il suo libro "'E pprete 'e casa mia" un'opera importante che prende le distanze dalla vasta e variegata produzione poetica in dialetto napoletano che possiamo trovare attualmente in giro. Si distingue per vari motivi, e uno di questi, forse il principale, è che il libro è dotato di tutti gli "strumenti" per poter meglio comprendere i testi poetici in dialetto che vi sono inclusi: un utile glossario dei termini napoletani alla fine, le scelte ortografiche operate dall'autore, scelte che costituiscono a mio avviso un vero e proprio vademecum del corretto scrivere napoletano, cosa che, unita a una buona consultazione, anzi studio, della grammatica napoletana, potrebbe costituire un ottimo supporto per i giovani (e, diciamolo pure, non più giovani) poeti napoletani che volessero continuare ad esprimersi in dialetto. Un libro di poesie, quindi, quello del D'Amiano, che, oltre ad essere letto per il piacere intrinseco di assaporare poesie napoletane, va tenuto a portata di mano, diciamo così, sulla scrivania dell'aspirante poeta vernacolare (e non!...), per trarne profitto, suggerimenti, indicazioni, spunti e riflessioni indispensabili e fruttuosi. Un libro completo, dunque, in questo senso, ed anche dal punto di vista tipografico. Essendovi incluse più di 350 liriche (una sorta di "summa poetica" del nostro autore), il libro si presenta agevole e comodo grazie al formato non eccessivamente grande, facile da leggere e da sfogliare. Ogni poesia, poi, è riproposta tradotta in italiano a pie' di pagina, così che anche un non napoletano può gustare la bontà delle liriche del nostro poeta.
Un libro importante anche sotto un altro aspetto: il legame tra cultura, letteratura e mondo rurale. L'opera di Giovanni D'Amiano non è un qualcosa di raccogliticcio, messo insieme tanto per realizzare un libro di testi poetici slegati l'uno dall'altro e senza nessun filo conduttore interno che possa dare un senso a tutto il progetto: no, il libro di D'Amiano ha il preciso scopo, a mio avviso, di riportare a noi, attraverso il caleidoscopio delle sue memorie e versi napoletani, un mondo contadino che purtroppo non è più attuale, ma ricco di valori umani, storici, sociali che solo con l'intelligente lavoro poetico del nostro è stato possibile far riemergere e che ancora potrebbero esserci utili, almeno dal punto di vista del recupero storico e del costume. Ecco dunque il legame tra l'antico mondo contadino e la poesia, ecco il filo conduttore nettissimo e prezioso che si snoda leggendo queste ottime poesie del D'Amiano.
Ma non è tutto qui. Oltre alla indubbia bontà e alla generosità dell'opera poetica di Giovanni D'Amiano nel riproporci con i suoi versi l'antica quotidianità e civiltà contadina, bisogna pur dire che le sue poesie rappresentano davvero una pietra miliare nel panorama sovente "accidentato" della poesia napoletana; voglio dire che le sue liriche, al di là del contenuto "rustico", come giustamente afferma anche nella sua dotta prefazione Armando Maglione, sono quadri perfetti non solo per le immagini e le sensazioni che suscitano nel lettore, ma anche per il dettato, lo stile e la forma, l'armonia interna e la musicalità, qualità tutte, queste, che connotano la poesia del D'Amiano, inserendola sicuramente tra le maggiori e più importanti opere poetiche del novecento letterario napoletano e d'inizio di questo secolo.
Non è possibile riportare in questa mia breve nota gran parte dei versi del libro del D'Amiano, tutti meritevoli di essere citati per la grande forza espressiva, per le emozioni che suscitano, per il riverbero musicale e anche storico che evocano; ma è opportuno chiudere con almeno una sua poesia, rimandando ai lettori appassionati e desiderosi di apprendere ed affinare stili, morfologia, grammatica e contenuti delle liriche in vernacolo napoletano, un ulteriore e più ampio godimento di tutto il libro.

'A massaria addó i' songo nato

Che ssanta cosa si me lla scurdavo
'a massaria addó i' songo nato,
o si 'o tiempo ll'avesse scancellata
prèta pe pprèta, chiancarelle e ttrave.

Mmece, 'a vi' ccanne, tutta sgarrupata,
nera 'e fummo, perùta, stengenata,
sotto a ll'èvera 'e muro, ardìche, spine,
comm'a nu niro scheletro 'e restina.

Pare na capa 'e morta abbandunata
'e na perzona cara, ca vo' ajuto,
e, nfunno â vocca aperta e ll'uocchie fute,
porta ancora na pena ammattugliata.

Massaria triste e ssenza nu dimane,
campusanto 'e na favola schiantata,
ca straccia 'o core 'a pietto a cchi nc'è nnato,
e nce bene a scavà cu 'o sango ê mmane.

Nfi' a che mmoro, i' pure scavarraggio
dinto â mazzamma 'e chesti pprète antiche,
pe ttruvà n'ata vrénzola 'e curaggio
'a cierti ffacce, 'a cierti vvoce amiche.


Giovanni D'Amiano, "'E pprete 'e casa mia", Edizioni Duemme, Torre del Greco (Na), 2013.
Prefazione di Armando Maglione. Pagg. 368, E. 15

Giuseppe Vetromile

6/1/13

giovedì 2 gennaio 2014

Inaugurazione della Rassegna d'Arte Contemporanea "La bellezza amara"

Sarà inaugurata il 18 Gennaio 2014 alle ore 19.00, negli spazi espositivi della No/Contemporanea Gallery, in Via della Repubblica 36, Nola (Napoli), un’importante rassegna di Arte Contemporanea, dal titolo “La bellezza amara”, a cura di Annibale Rainone.

Pittura, scultura, fotografia e video presso il nuovo spazio espositivo della No/Contemporanea Gallery (Seminario Vescovile di Nola), dal 18 gennaio al 23 febbraio 2014. Il titolo è "La bellezza amara", da un’idea di Peppe Capasso. Prima collettiva sul territorio con artisti di rilievo non solo nazionale (in ordine alfabetico): Aniello Barone, Raffaele Canoro, Peppe Capasso, Camillo Capolongo, Giovanni Di Capua, Marcello Di Donato, Fabio Donato, Salvatore Emblema, Mario Franco, Costabile Guariglia, Giuseppe La Mura.

Paesaggi devastati e riscritti dalle ecoballe o, più dissennatamente, dai sacchetti di rifiuti lasciati lungo le strade nelle foto di Aniello Barone. L’urgenza di anime brancolanti alla ricerca di luce nelle tele di Raffaele Canoro. Le due sculture/installazioni di Peppe Capasso risolte interamente nella compiutezza dei simboli evocati. L’indeterminatezza dei frammenti nati, tra arte e scrittura, nelle opere di Camillo Capolongo. La narrazione, raffinata e anaffettiva, dei fantocci alienati di Giovanni Di Capua. Il nitore stilistico e tematico degli scatti dal South Africa di Marcello Di Donato. Ritagli di spazio liberati dal contesto nella fotografia di Fabio Donato. La totalità delle trasparenze nella dissezione materica di Salvatore Emblema. Sussulti dromomani lungo flussi liquidi, globish nei video di Mario Franco. Configurazioni eretico-erotiche per la carica espressiva di Costabile Guariglia. Le sospensioni cromatiche nel corpo della pittura di Giuseppe La Mura.

L’iniziativa è patrocinata da Regione Campania, Comune di Nola, IAISUM (Istituto Accademico Internazionale delle Scienze Umane e Mediatiche), Museo Possibile, Spazio Nea, Hybrida Contemporanea.

Ufficio stampa e Comunicazione Tiziana Falco nocontemporanea@iaisum.it – 347 9119666 – 333 1793124

Rif.: http://www.iaisum.it/presentazione-mostra/


Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"