Taccuino Anastasiano è il proseguimento del Blog "Circolo Letterario Anastasiano", con il quale rimane comunque collegato (basta cliccare sul logo del CLA).
Sarà questo un blog essenzialmente dedicato alle recensioni, alle notizie letterarie, alle presentazioni di libri ed agli appuntamenti ed incontri relativi al nostro territorio vesuviano, e non solo: dedicheremo spazio a tutte le notizie interessanti che ci giungeranno, con lo scopo di fornire valide informazioni culturali e spunti di riflessione su temi di carattere poetico e letterario in generale.
Buona lettura e buona consultazione.

lunedì 6 gennaio 2014

La poesia del mondo contadino di Giovanni D'Amiano

Può avere anche il dialetto, e nella fattispecie il dialetto napoletano, un livello "alto" e colto di espressività poetica? Per meglio dire, riferendoci alla lingua italiana, sappiamo molto bene che esiste una modalità letteraria che si distingue dall'uso corrente, dal parlare quotidiano, per un dire più elevato e più ricco, qualitativamente migliore; e questo sia in produzioni di narrativa che di poesia, di saggistica o di altro genere letterario. Quando si scrive, soprattutto quando si scrive, è normale quindi che si faccia il miglior uso della nostra bella lingua italiana, ma ciò vale, ripeto, anche per il dialetto? A parte i numerosi "distinguo" che innalzano il dialetto a vera lingua (molti, infatti, asseriscono che il napoletano lo è in effetti, e con dignità...), resta comunque la delusione e l'amarezza di dover constatare che il dialetto è, ahimé!, spesso masticato molto male specialmente quando lo si scrive. Non credo ci sia bisogno di essere particolarmente esperti in questo campo, per accorgersi che, purtroppo, e parlando in modo specifico del dialetto napoletano, non ci sia più quella precisione, quella correttezza e quella forbitezza nel produrre scritti in dialetto. I giovani napoletani tendono a scrivere così come parlano, e non credo che questo sia del tutto corretto. D'altra parte non esistono più, o forse sono rimasti ben pochi, importanti riferimenti e guide in questo campo, poeti e scrittori classici di rilievo che a Napoli hanno fatto scuola, contribuendo alla diffusione del buon dialetto scritto, parlato e cantato.
Non voglio dilungarmi su questo argomento, che andrebbe meritatamente trattato in altre sedi. Ma mi fa molto piacere constatare che uno di questi riferimenti importanti nel panorama attuale della letteratura napoletana, è senz'altro, a mio avviso, il poeta Giovanni D'Amiano.
Il nostro poeta, il quale tiene con giusto orgoglio a precisare che è di origini contadine, è riuscito a creare con il suo libro "'E pprete 'e casa mia" un'opera importante che prende le distanze dalla vasta e variegata produzione poetica in dialetto napoletano che possiamo trovare attualmente in giro. Si distingue per vari motivi, e uno di questi, forse il principale, è che il libro è dotato di tutti gli "strumenti" per poter meglio comprendere i testi poetici in dialetto che vi sono inclusi: un utile glossario dei termini napoletani alla fine, le scelte ortografiche operate dall'autore, scelte che costituiscono a mio avviso un vero e proprio vademecum del corretto scrivere napoletano, cosa che, unita a una buona consultazione, anzi studio, della grammatica napoletana, potrebbe costituire un ottimo supporto per i giovani (e, diciamolo pure, non più giovani) poeti napoletani che volessero continuare ad esprimersi in dialetto. Un libro di poesie, quindi, quello del D'Amiano, che, oltre ad essere letto per il piacere intrinseco di assaporare poesie napoletane, va tenuto a portata di mano, diciamo così, sulla scrivania dell'aspirante poeta vernacolare (e non!...), per trarne profitto, suggerimenti, indicazioni, spunti e riflessioni indispensabili e fruttuosi. Un libro completo, dunque, in questo senso, ed anche dal punto di vista tipografico. Essendovi incluse più di 350 liriche (una sorta di "summa poetica" del nostro autore), il libro si presenta agevole e comodo grazie al formato non eccessivamente grande, facile da leggere e da sfogliare. Ogni poesia, poi, è riproposta tradotta in italiano a pie' di pagina, così che anche un non napoletano può gustare la bontà delle liriche del nostro poeta.
Un libro importante anche sotto un altro aspetto: il legame tra cultura, letteratura e mondo rurale. L'opera di Giovanni D'Amiano non è un qualcosa di raccogliticcio, messo insieme tanto per realizzare un libro di testi poetici slegati l'uno dall'altro e senza nessun filo conduttore interno che possa dare un senso a tutto il progetto: no, il libro di D'Amiano ha il preciso scopo, a mio avviso, di riportare a noi, attraverso il caleidoscopio delle sue memorie e versi napoletani, un mondo contadino che purtroppo non è più attuale, ma ricco di valori umani, storici, sociali che solo con l'intelligente lavoro poetico del nostro è stato possibile far riemergere e che ancora potrebbero esserci utili, almeno dal punto di vista del recupero storico e del costume. Ecco dunque il legame tra l'antico mondo contadino e la poesia, ecco il filo conduttore nettissimo e prezioso che si snoda leggendo queste ottime poesie del D'Amiano.
Ma non è tutto qui. Oltre alla indubbia bontà e alla generosità dell'opera poetica di Giovanni D'Amiano nel riproporci con i suoi versi l'antica quotidianità e civiltà contadina, bisogna pur dire che le sue poesie rappresentano davvero una pietra miliare nel panorama sovente "accidentato" della poesia napoletana; voglio dire che le sue liriche, al di là del contenuto "rustico", come giustamente afferma anche nella sua dotta prefazione Armando Maglione, sono quadri perfetti non solo per le immagini e le sensazioni che suscitano nel lettore, ma anche per il dettato, lo stile e la forma, l'armonia interna e la musicalità, qualità tutte, queste, che connotano la poesia del D'Amiano, inserendola sicuramente tra le maggiori e più importanti opere poetiche del novecento letterario napoletano e d'inizio di questo secolo.
Non è possibile riportare in questa mia breve nota gran parte dei versi del libro del D'Amiano, tutti meritevoli di essere citati per la grande forza espressiva, per le emozioni che suscitano, per il riverbero musicale e anche storico che evocano; ma è opportuno chiudere con almeno una sua poesia, rimandando ai lettori appassionati e desiderosi di apprendere ed affinare stili, morfologia, grammatica e contenuti delle liriche in vernacolo napoletano, un ulteriore e più ampio godimento di tutto il libro.

'A massaria addó i' songo nato

Che ssanta cosa si me lla scurdavo
'a massaria addó i' songo nato,
o si 'o tiempo ll'avesse scancellata
prèta pe pprèta, chiancarelle e ttrave.

Mmece, 'a vi' ccanne, tutta sgarrupata,
nera 'e fummo, perùta, stengenata,
sotto a ll'èvera 'e muro, ardìche, spine,
comm'a nu niro scheletro 'e restina.

Pare na capa 'e morta abbandunata
'e na perzona cara, ca vo' ajuto,
e, nfunno â vocca aperta e ll'uocchie fute,
porta ancora na pena ammattugliata.

Massaria triste e ssenza nu dimane,
campusanto 'e na favola schiantata,
ca straccia 'o core 'a pietto a cchi nc'è nnato,
e nce bene a scavà cu 'o sango ê mmane.

Nfi' a che mmoro, i' pure scavarraggio
dinto â mazzamma 'e chesti pprète antiche,
pe ttruvà n'ata vrénzola 'e curaggio
'a cierti ffacce, 'a cierti vvoce amiche.


Giovanni D'Amiano, "'E pprete 'e casa mia", Edizioni Duemme, Torre del Greco (Na), 2013.
Prefazione di Armando Maglione. Pagg. 368, E. 15

Giuseppe Vetromile

6/1/13

giovedì 2 gennaio 2014

Inaugurazione della Rassegna d'Arte Contemporanea "La bellezza amara"

Sarà inaugurata il 18 Gennaio 2014 alle ore 19.00, negli spazi espositivi della No/Contemporanea Gallery, in Via della Repubblica 36, Nola (Napoli), un’importante rassegna di Arte Contemporanea, dal titolo “La bellezza amara”, a cura di Annibale Rainone.

Pittura, scultura, fotografia e video presso il nuovo spazio espositivo della No/Contemporanea Gallery (Seminario Vescovile di Nola), dal 18 gennaio al 23 febbraio 2014. Il titolo è "La bellezza amara", da un’idea di Peppe Capasso. Prima collettiva sul territorio con artisti di rilievo non solo nazionale (in ordine alfabetico): Aniello Barone, Raffaele Canoro, Peppe Capasso, Camillo Capolongo, Giovanni Di Capua, Marcello Di Donato, Fabio Donato, Salvatore Emblema, Mario Franco, Costabile Guariglia, Giuseppe La Mura.

Paesaggi devastati e riscritti dalle ecoballe o, più dissennatamente, dai sacchetti di rifiuti lasciati lungo le strade nelle foto di Aniello Barone. L’urgenza di anime brancolanti alla ricerca di luce nelle tele di Raffaele Canoro. Le due sculture/installazioni di Peppe Capasso risolte interamente nella compiutezza dei simboli evocati. L’indeterminatezza dei frammenti nati, tra arte e scrittura, nelle opere di Camillo Capolongo. La narrazione, raffinata e anaffettiva, dei fantocci alienati di Giovanni Di Capua. Il nitore stilistico e tematico degli scatti dal South Africa di Marcello Di Donato. Ritagli di spazio liberati dal contesto nella fotografia di Fabio Donato. La totalità delle trasparenze nella dissezione materica di Salvatore Emblema. Sussulti dromomani lungo flussi liquidi, globish nei video di Mario Franco. Configurazioni eretico-erotiche per la carica espressiva di Costabile Guariglia. Le sospensioni cromatiche nel corpo della pittura di Giuseppe La Mura.

L’iniziativa è patrocinata da Regione Campania, Comune di Nola, IAISUM (Istituto Accademico Internazionale delle Scienze Umane e Mediatiche), Museo Possibile, Spazio Nea, Hybrida Contemporanea.

Ufficio stampa e Comunicazione Tiziana Falco nocontemporanea@iaisum.it – 347 9119666 – 333 1793124

Rif.: http://www.iaisum.it/presentazione-mostra/


Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"