Taccuino Anastasiano è il proseguimento del Blog "Circolo Letterario Anastasiano", con il quale rimane comunque collegato (basta cliccare sul logo del CLA).
Sarà questo un blog essenzialmente dedicato alle recensioni, alle notizie letterarie, alle presentazioni di libri ed agli appuntamenti ed incontri relativi al nostro territorio vesuviano, e non solo: dedicheremo spazio a tutte le notizie interessanti che ci giungeranno, con lo scopo di fornire valide informazioni culturali e spunti di riflessione su temi di carattere poetico e letterario in generale.
Buona lettura e buona consultazione.

venerdì 21 aprile 2017

"La Poesia di Parthenope", strutture linguistiche napoletane

Inizierà a metà maggio la nuova rassegna "La Poesia di Parthenope", ospitata dalla ormai attivissima Libreria Mancini, già sede dei noti incontri "Un caffè da Mancini". La nuova rassegna è nata da un'idea di Gennaro Maria Guaccio (presidente dell'Associazione Culturale "I Ponti dell'arte"), che sarà coadiuvato dal poeta Nazario Bruno Napoli e da Giuseppe Vetromile del Circolo Letterario Anastasiano; gli incontri, che si svolgeranno, anche questi, nella Libreria Mancini, sono dedicati esclusivamente al vernacolo napoletano. L'intento principale è quello di creare momenti di aggregazione e di interesse sulla poesia napoletana, con letture, dibattiti, modalità e metodi espressivi. Non un corso o un laboratorio vero e proprio, bensì una luce, un suggerimento che possa in qualche modo suscitare nel pubblico e negli amanti del dialetto napoletano, un desiderio di approfondimento e per migliorare la propria modalità di scrittura in versi.

Il primo incontro è previsto per lunedì 15 maggio, alle ore 17.30. Giuseppe Vetromile coordinerà gli interventi di: Gennaro Maria Guaccio ("La questione linguistica") e di Nazario Bruno Napoli ("Seguendo Iandolo"). Seguirà la lettura e il commento di alcuni testi da parte dei poeti Giovanni D'Amiano, Liliana Palermo, Margherita Savastano e Gaetano Siviero.

Alcuni momenti della riunione preparatoria del 21 aprile presso la Libreria Mancini







venerdì 7 aprile 2017

L'"Inverso ritorno" di Angela Ragusa

Il tema del "ritorno" è sempre stato caro ai Poeti, sin dall'antichità: se non altro per narrare vicende e storie del passato che abbiano coinvolto direttamente o indirettamente gli autori stessi.
Questa nostalgia, questa – direi quasi necessità – di far rivivere il passato, di riportare al presente la storia, i ricordi più significativi, appare evidente nel nuovo libro di poesie di Angela Ragusa, dal titolo "Inverso Ritorno", edito da Giovanna Scuderi di Avellino. Il titolo, come sovente accade, sia in poesia che in narrativa, vuole essere in un certo qual modo un'indicazione sintetica ed efficace dell'argomento trattato, del progetto che si intende proporre. Qui non abbiamo però un semplice ritorno, ma un "inverso ritorno", titolo apparentemente enigmatico, perché denoterebbe un ritorno al contrario, cioè non specificatamente un abbandonarsi al semplice ricordo di cose e di storie ormai trascorse, bensì un vero e proprio recupero, una trasposizione nel presente, un'attuazione reale e realistica della memoria, quasi come se fosse vissuta, o meglio rivissuta, nel presente.
Non si tratta quindi di ricordare semplicemente: non un semplice nostos, ma un vero e proprio disegno che prende forma nuovamente, la storia o le storie di un tempo che, grazie alla magia dei versi di Angela Ragusa, riprendono vita e vitalità. Un ritorno "dalle origini", quindi, e non un ritorno "alle" origini. Ecco quindi che si potrebbe dare un senso al titolo della raccolta, titolo che è denso di significati e racchiude a mio parere molto bene tutto il progetto poetico dell'autrice. E in effetti è lei stessa ad affermarlo, nella prima poesia del libro dal titolo omonimo, quando dice: "Assaporare di nuovo il gesto perduto / nell'appropriarsi di un luogo che culla / ritorna a dondolare nel dubbio se è meglio / spogliare la memoria di ciò che d'antico / ancora risuona nell'alveo del cuore / o lasciare che il sole s'affretti ogni giorno / a tingere di oro facciate di chiese, / incastonate su greche colonne / issate a vanto di una vecchia genìa…". E' proprio in questi versi che traspare in pieno il desiderio e l'idea creativa di riportare al presente, in un inverso ritorno, appunto, il sapore dell'origine, della culla, o altrimenti abbandonare e distaccare il ricordo, quei ricordi, che tanto hanno contribuito e nutrito la sua origine: un dilemma, un dubbio che si può risolvere annotando e scrivendone per riportare in avanti, qui al presente, quel mondo, quella realtà passata, quelle emozioni.
E' anche sotto questo aspetto che la nostra Autrice si immedesima nella figura del migrante: nessun’altra situazione può infatti riferirsi al nostos, al ritorno, di quella del migrante, in ogni epoca e in ogni contesto sociale: memore dei grandi sacrifici e delle abnegazioni che questo fenomeno storico comporta, e ha sempre comportato, Angela giunge a comporre dei versi bellissimi che dicono: "Migrante è l'uomo di se stesso, / nel Nostos è la sua utopia. / Sacca colma di nulla il suo fardello. / Ogni giorno si appresta al mare / e come pescatore tra le reti / cerca la sua chimera".
E non poteva mancare, nel progetto poetico tematico di Angela Ragusa, il fondamento di tutti i ritorni, il principale riferimento di ogni nostos, su cui si accolgono e si distendono i ricordi: il mare, mondo azzurro e infinito, che è e sarà sempre teatro delle vicissitudini dei migranti di ogni epoca, dei navigatori in ogni senso. E a questo proposito i versi di Angela in “Ritorno al mare”: “Di salsedine riveste la mente lasciata nei luoghi / sabbie dorate, a ritrovar quell’orme / il mare le avrà inghiottite, tempesta di notte, / lampeggiando solitari scogli d’inverno".
Angela Ragusa ha quindi realizzato un’opera in versi davvero importante e senza dubbio completa, in quanto basandosi sul tema dell’attualizzazione della memoria, del nostos, prende in considerazione in modo ampio non soltanto la parte strettamente legata ai suoi ricordi personali, ma anche i risvolti geografici, storici, sociali che hanno implicato e che implicano la sua esperienza trascorsa nella sua terra d’origine, dalla nascita fino al suo trasferimento in Campania, a Montesarchio, città in cui ora ella vive ed opera. Leggiamo ad esempio in “La notte di Aretusa”, che ci richiama alla memoria la bellissima Fonte del lago di Ortigia, a Siracusa, cantata anche da Quasimodo… “…L’universo che si insinua nell’abbraccio / che pare lago, le ellissi e le comete, / un cosmico silenzio nella notte di Aretusa. / Alla fonte, sono cascate lingue rosse / di buganvillee arrampicate e batuffoli / ad incipriar le gote, fiocchi di papiro / verde a solleticar la luna.”….
E ancora, in “La ginestra di Salina”: “Scivola tra i pendii la ginestra. / Solitaria di giallo risplende. Come il sole. / Sciara di lava il suo letto, ora freddo ora nero / che la calura del giorno arroventa / e fa brillare di ferroso scintillio…
Ma il maggior coinvolgimento della nostra brava autrice nel tema del ritorno, in questo suo libro, è costituito a mio avviso dalle esperienze personali, dal suo intenso e indimenticato vissuto in terra di Sicilia, che ella riporta a noi qui nel presente, rendendoci partecipi di emozioni intense e straordinarie. Non si tratta sempre di ricordi gioiosi, purtroppo, come nel caso della poesia “Fiore, sbocciavi..”, in cui con versi accorati e intensi la nostra autrice ricorda episodi molto tristi del nonno: “… Bambina costretta a ceder quel letto / che in cinque anni di guerra era stato / culla di te e della mamma, fiato con fiato. / Un estraneo che arriva a dettare una legge / del padrone che scorda di essere padre / e che in ginocchio costringe a lavare i suoi piedi.”… E quindi, generalizzando in un quadro di mesta sottomissione in cui la donna era immersa in Sicilia, e non lì soltanto!, nei versi successivi leggiamo: “E tante le cose che ancor mi racconti del tempo / in cui la femmina muta doveva restare / nella Sicilia dei neri mantelli e degli sguardi abbassati”…
E ancora il ricordo della nonna, nella bellissima lirica “Via Gioberti”, dove accanto alla sua figura rivivono angoli e scorci della sua città: “Ti ritroverò tra quei gesti antichi, / nelle strade che furono gioco, / agli angoli incrinati di quelle terrazze / cocenti al sole dei miei ricordi. / Nelle sere d’estate, il vociare dei bimbi, / e tu che seduta, fissavi l’intreccio / che il filo di seta componeva al telaio”…
Una raccolta poetica compatta, che si legge e si fa leggere dalla prima all’ultima poesia senza difficoltà ma con grande piacere, perché fluida e senza interruzioni. Il libro infatti non è diviso in  sezioni o capitoli. Tutto l’universo poetico del ricordo, della rivisitazione, della riproposta, è evidente in questa recente raccolta di poesie che, come afferma giustamente anche l’illustre prefatore, prof. Franco Martino, sono altamente liriche e profuse di una musicalità e di un ritmo veramente considerevoli. L’efficacia del dettato poetico è tale, poi, da riprodurre pienamente le sensazioni, i colori, le solarità, i profumi, i sentimenti e tutto quanto permeava il mondo siciliano della nostra poetessa.
Angela Ragusa, con questo suo Inverso Ritorno, ha in effetti realizzato un poema denso e compatto ma nello stesso tempo delicato e utile, non soltanto per l’autrice stessa, per un suo forse necessario appuntare e rinvigorire ricordi importanti del suo trascorso, ma anche per noi lettori, avendoci offerto la possibilità di conoscere realtà di un mondo intramontabile, con i suoi panorami stupendi, la sua storia, la sua civiltà e le sue usanze, che, per quanto discutibili sotto certi aspetti dell’emancipazione femminile e della giustizia sociale (omertà, sottomissione, migrazioni), restano pur sempre caratteristiche peculari e riferimenti precisi da cui partire per migliorare sempre di più questo nostro mondo martoriato.

La poesia, come sempre, è e rimane mezzo valido, in qualsiasi situazione e contesto, e per qualsiasi tematica sociale e umana, per testimoniare, salvaguardare, indicare ed eventualmente migliorare lo stato delle cose.

"Inverso Ritorno", di Angela Ragusa, Edizioni Scuderi, Avellino, 2016

Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"