Sono intervenuti, dopo i saluti di Carmine Giordano e dell'Assessore, Giuseppe Vetromile e Melania Mollo.
Mai spegnere la luce, di Rita Terracciano, rappresenta molto bene, con la sua narrazione, questi valori fondamentali, questa sincerità e schiettezza e umiltà della vita; una semplicità, beninteso, che non significa superficialità, bensì ricchezza di contenuti e sobrietà esistenziale.
Il libro si compone essenzialmente di tre parti. Nella prima c’è la storia penosa degli ultimi giorni della nonna, nella seconda Rita ha sapientemente inserito una serie di fotografie familiari, per lo più riguardanti la nonna Livia e le fasi del suo matrimonio con il nonno Francesco: una documentazione fotografica rilevante, che mostra la città di Sant’Anastasia come era negli ultimi decenni del secolo scorso. La terza parte è costituita essenzialmente da una lettera alla nonna e ai motivi che hanno spinto Rita a scrivere questo interessante libro, oltre ai ringraziamenti.
In questo libro la modalità intensa della narrazione riesce a coinvolgere il lettore, prendendolo quasi per mano e mostrandogli le sequenze come se fossero trasferite in uno scenario attuale, vivo e palpitante. La bravura e la competenza letteraria dell’autrice hanno reso possibile questa trasposizione scenica, grazie alla quale il lettore sente, avverte, le stesse emozioni provate dall’autrice, fin nei minimi particolari: l’attesa, l’ansia, le preoccupazioni, gli stati d’animo mutevoli a seconda del progredire della malattia della nonna, gli alti e bassi, i sensi di colpa provati per non essere stato in grado di accudirla perché costretta a letto per un’influenza, il dispiacere di vedere la nonna isolata in una fredda stanza d’ospedale, e soprattutto le feste natalizie offuscate dall’assenza della nonna, contrariamente a quanto di solito avveniva: un Natale certamente più triste e più freddo.
Il libro è percorso dunque da un afflato affettivo nei confronti della nonna davvero intenso e nobile, e rappresenta il filo conduttore che tiene insieme i diversi valori che la narrazione suggerisce: dall’affetto familiare al rispetto delle tradizioni che un tempo erano in grado di mantenere coesa le comunità, favorendo la socialità; e poi il velato ma importante e forte richiamo alle radici, la consapevolezza di avere alle spalle un consolidato nucleo storico, geografico e sociale, grazie al quale è sempre possibile riferirsi e rapportarsi per costruire società più sane e per dare un senso profondo al nostro progredire lungo il difficile percorso della vita quotidiana.
È un memoriale affettivo e storico, dunque, questo libro di Rita Terracciano, che ci riporta all’importanza delle radici, come dicevo, ma che, attraverso la storia delle tribolazioni della nonna, ci vuole anche suggerire riflessioni etiche e filosofiche sul senso della vita: "Mai spegnere la luce", così amava affermare la nonna, quasi un motto, è infatti lo sprone, la speranza, la tenacia, il coraggio, il non perdersi mai d’animo di fronte alle negatività della vita, ed è questo a mio avviso il nocciolo educativo più importante racchiuso in questo libro.


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