Il tema del "ritorno" è sempre stato caro ai
Poeti, sin dall'antichità: se non altro per narrare vicende e storie del
passato che abbiano coinvolto direttamente o indirettamente gli autori stessi.
Questa nostalgia, questa – direi quasi necessità – di far
rivivere il passato, di riportare al presente la storia, i ricordi più
significativi, appare evidente nel nuovo libro di poesie di Angela Ragusa, dal
titolo "Inverso Ritorno", edito da Giovanna Scuderi di Avellino. Il
titolo, come sovente accade, sia in poesia che in narrativa, vuole essere in un
certo qual modo un'indicazione sintetica ed efficace dell'argomento trattato,
del progetto che si intende proporre. Qui non abbiamo però un semplice ritorno,
ma un "inverso ritorno", titolo apparentemente enigmatico, perché
denoterebbe un ritorno al contrario, cioè non specificatamente un abbandonarsi
al semplice ricordo di cose e di storie ormai trascorse, bensì un vero e
proprio recupero, una trasposizione nel presente, un'attuazione reale e
realistica della memoria, quasi come se fosse vissuta, o meglio rivissuta, nel
presente.
Non si tratta quindi di ricordare semplicemente: non un
semplice nostos, ma un vero e proprio
disegno che prende forma nuovamente, la storia o le storie di un tempo che,
grazie alla magia dei versi di Angela Ragusa, riprendono vita e vitalità. Un
ritorno "dalle origini", quindi, e non un ritorno "alle"
origini. Ecco quindi che si potrebbe dare un senso al titolo della raccolta,
titolo che è denso di significati e racchiude a mio parere molto bene tutto il
progetto poetico dell'autrice. E in effetti è lei stessa ad affermarlo, nella
prima poesia del libro dal titolo omonimo, quando dice: "Assaporare di nuovo il gesto perduto /
nell'appropriarsi di un luogo che culla / ritorna a dondolare nel dubbio se è
meglio / spogliare la memoria di ciò che d'antico / ancora risuona nell'alveo
del cuore / o lasciare che il sole s'affretti ogni giorno / a tingere di oro
facciate di chiese, / incastonate su greche colonne / issate a vanto di una
vecchia genìa…". E' proprio in questi versi che traspare in pieno il
desiderio e l'idea creativa di riportare al presente, in un inverso ritorno,
appunto, il sapore dell'origine, della culla, o altrimenti abbandonare e
distaccare il ricordo, quei ricordi, che tanto hanno contribuito e nutrito la
sua origine: un dilemma, un dubbio che si può risolvere annotando e scrivendone
per riportare in avanti, qui al presente, quel mondo, quella realtà passata,
quelle emozioni.
E' anche sotto questo aspetto che la nostra Autrice si
immedesima nella figura del migrante: nessun’altra situazione può infatti
riferirsi al nostos, al ritorno, di
quella del migrante, in ogni epoca e in ogni contesto sociale: memore dei
grandi sacrifici e delle abnegazioni che questo fenomeno storico comporta, e ha
sempre comportato, Angela giunge a comporre dei versi bellissimi che dicono:
"Migrante è l'uomo di se stesso, /
nel Nostos è la sua utopia. / Sacca colma di nulla il suo fardello. / Ogni
giorno si appresta al mare / e come pescatore tra le reti / cerca la sua
chimera".
E non poteva mancare, nel progetto poetico tematico di
Angela Ragusa, il fondamento di tutti i ritorni, il principale riferimento di
ogni nostos, su cui si accolgono e si
distendono i ricordi: il mare, mondo azzurro e infinito, che è e sarà sempre
teatro delle vicissitudini dei migranti di ogni epoca, dei navigatori in ogni
senso. E a questo proposito i versi di Angela in “Ritorno al mare”: “Di salsedine riveste la mente lasciata nei luoghi
/ sabbie dorate, a ritrovar quell’orme / il mare le avrà inghiottite, tempesta
di notte, / lampeggiando solitari scogli d’inverno".
Angela Ragusa ha quindi realizzato un’opera in versi davvero
importante e senza dubbio completa, in quanto basandosi sul tema
dell’attualizzazione della memoria, del nostos,
prende in considerazione in modo ampio non soltanto la parte strettamente
legata ai suoi ricordi personali, ma anche i risvolti geografici, storici,
sociali che hanno implicato e che implicano la sua esperienza trascorsa nella
sua terra d’origine, dalla nascita fino al suo trasferimento in Campania, a
Montesarchio, città in cui ora ella vive ed opera. Leggiamo ad esempio in “La
notte di Aretusa”, che ci richiama alla memoria la bellissima Fonte del lago di
Ortigia, a Siracusa, cantata anche da Quasimodo… “…L’universo che si insinua nell’abbraccio / che pare lago, le ellissi e
le comete, / un cosmico silenzio nella notte di Aretusa. / Alla fonte, sono
cascate lingue rosse / di buganvillee arrampicate e batuffoli / ad incipriar le
gote, fiocchi di papiro / verde a solleticar la luna.”….
E ancora, in “La ginestra di Salina”: “Scivola tra i pendii la ginestra. / Solitaria di giallo risplende. Come
il sole. / Sciara di lava il suo letto, ora freddo ora nero / che la calura del
giorno arroventa / e fa brillare di ferroso scintillio…”
Ma il maggior coinvolgimento della nostra brava autrice nel
tema del ritorno, in questo suo libro, è costituito a mio avviso dalle
esperienze personali, dal suo intenso e indimenticato vissuto in terra di
Sicilia, che ella riporta a noi qui nel presente, rendendoci partecipi di
emozioni intense e straordinarie. Non si tratta sempre di ricordi gioiosi,
purtroppo, come nel caso della poesia “Fiore, sbocciavi..”, in cui con versi
accorati e intensi la nostra autrice ricorda episodi molto tristi del nonno: “…
Bambina costretta a ceder quel letto /
che in cinque anni di guerra era stato / culla di te e della mamma, fiato con
fiato. / Un estraneo che arriva a dettare una legge / del padrone che scorda di
essere padre / e che in ginocchio costringe a lavare i suoi piedi.”… E
quindi, generalizzando in un quadro di mesta sottomissione in cui la donna era
immersa in Sicilia, e non lì soltanto!, nei versi successivi leggiamo: “E tante le cose che ancor mi racconti del
tempo / in cui la femmina muta doveva restare / nella Sicilia dei neri mantelli
e degli sguardi abbassati”…
E ancora il ricordo della nonna, nella bellissima lirica
“Via Gioberti”, dove accanto alla sua figura rivivono angoli e scorci della sua
città: “Ti ritroverò tra quei gesti
antichi, / nelle strade che furono gioco, / agli angoli incrinati di quelle
terrazze / cocenti al sole dei miei ricordi. / Nelle sere d’estate, il vociare
dei bimbi, / e tu che seduta, fissavi l’intreccio / che il filo di seta
componeva al telaio”…
Una raccolta poetica compatta, che si legge e si fa leggere
dalla prima all’ultima poesia senza difficoltà ma con grande piacere, perché
fluida e senza interruzioni. Il libro infatti non è diviso in sezioni o capitoli. Tutto l’universo poetico
del ricordo, della rivisitazione, della riproposta, è evidente in questa
recente raccolta di poesie che, come afferma giustamente anche l’illustre
prefatore, prof. Franco Martino, sono altamente liriche e profuse di una
musicalità e di un ritmo veramente considerevoli. L’efficacia del dettato
poetico è tale, poi, da riprodurre pienamente le sensazioni, i colori, le
solarità, i profumi, i sentimenti e tutto quanto permeava il mondo siciliano
della nostra poetessa.
Angela Ragusa, con questo suo Inverso Ritorno, ha in effetti realizzato un poema denso e compatto
ma nello stesso tempo delicato e utile, non soltanto per l’autrice stessa, per
un suo forse necessario appuntare e rinvigorire ricordi importanti del suo
trascorso, ma anche per noi lettori, avendoci offerto la possibilità di
conoscere realtà di un mondo intramontabile, con i suoi panorami stupendi, la
sua storia, la sua civiltà e le sue usanze, che, per quanto discutibili sotto
certi aspetti dell’emancipazione femminile e della giustizia sociale (omertà,
sottomissione, migrazioni), restano pur sempre caratteristiche peculari e
riferimenti precisi da cui partire per migliorare sempre di più questo nostro
mondo martoriato.
La poesia, come sempre, è e rimane mezzo valido, in
qualsiasi situazione e contesto, e per qualsiasi tematica sociale e umana, per
testimoniare, salvaguardare, indicare ed eventualmente migliorare lo stato
delle cose.
"Inverso Ritorno", di Angela Ragusa, Edizioni Scuderi, Avellino, 2016