La Poesia è tale se travolge l'intera persona quando si
trova al cospetto di essa, quando il lettore, per dirla in breve, è totalmente
interessato non solo dal significato complessivo del testo poetico, ma anche dai
suoni che gli riecheggiano interiormente, dagli scivolamenti oltre il
razionale, dall'impeto di una novità che si fa strada nella sua mente e nella
sua interiorità: poesia come vera e propria opera d'arte, con la differenza
(minima) che ad incantare l'osservatore-lettore sono le parole e ciò che esse
veicolano, tutto il bagaglio di sensazioni-emozioni che suscitano.
Ed eccone un bell'esempio. Siamo di fronte ad una vera
piacevolissima novità poetica: la voce di una giovane studentessa, Ilaria
Vassallo, del nostro territorio campano (vive nel nolano), che finalmente esce,
come pochi sanno fare, dai soliti schemi o codici appurati e consolidati di una
poesia sentimentale e autoreferenziale, per avventurarsi su linee di confine
che pur mantenendo la corposità del testo e un dettato poetico molto
significativo e puntuale, dettagliato nei minimi termini come vedremo meglio
fra poco, narrano e propongono aspetti e figurazioni nuove o rinnovate: tanto
nel contenuto quanto nella forma, improntata ad uno stile di scrittura del
tutto personale ed originale.
Leggendo il suo testo, più di una volta, mi viene in mente
il realismo terminale di Guido Oldani, che come sappiamo propone una visione
diversa del mondo poetico cui siamo abituati, e cioè la
"delocalizzazione" del soggetto poetico rispetto all'oggetto: è
quest'ultimo che diventa il protagonista del discorso poetico, e non la persona
che ne parla. Ora, constatato che questa nuova corrente, o movimento poetico,
pensata e fondata dal noto poeta Guido Oldani (si consulti ad esempio
l'Antologia "Novecento non più", a cura di Diana Battaggia e
Salvatore Contessini, La Vita Felice 2016), non può certamente esplicitarsi in
pochissimi righi, e non essendo questa la sede per parlarne, resta però il
fatto che Ilaria Vassallo, a mio modesto parere, in molti tratti della sua
poetica ne sembra percorrere i dettami: "… cuoio di un orologio, cinturino nuovo, / sostituisce stanotte il
metallo stridente, / immaginare che sia quello di tuo / nonno, irrorato di
memoria" (pag. 25). E ancora: "un giorno, / in un momento, / forse in paradiso, / o nei purgatori / di
diavoli pensanti, / un sasso della strada / che costeggia la campagna / mi
chiederà. / ne sono certo. / com'è vivere, / come farlo al meglio, / un
consiglio. / ma solo lì l'avrò ascoltato" (pag. 61).
Sono solo due esempi, ma credo che bastino per dare una sia
pur minima indicazione sull'aderenza, forse inconsapevole, da parte della
giovane autrice al movimento di Oldani. Ma altri tratti originali
caratterizzano certamente il dettato poetico di Ilaria, e sono principalmente
costituiti da una speciale e sorprendente capacità di frazionare le cose, gli
oggetti e i pensieri; uno scendere ai minimi termini, fino alle singolarità
oggettive, che sono trattate con distanza e distacco dall'autrice, come se non
appartenessero quasi all'io narrante, pur conferendo in esse una vitalità
inaspettata, una "muta vitalità", appunto!
Notiamo quindi questa "immersione" dell'autrice
nelle cose di tutti i giorni, nei dettagli anche minimi che, con la forza della
sua parola poetica, prendono vita quasi autonoma, narrano quasi di sé in prima
persona, e l'"io" creativo
della poetessa si "trasferisce" in questi frammenti di vita
oggettivi, in un puzzle composito ed esteso a tutta l'esistenza. Non è un annichilirsi
negativo, bensì un voler osservare al microscopio della mente e dell'arte
poetica le situazioni contingenti e le conseguenti aspettative emozionali:
"carte lucide di vernice, / che
piego tra le dita, / stendo, / strappo, / mentre vi parlo. / carte di
caramelle, / che sentono / decollare piano / il tepore / della mia
inadeguatezza. / esplicita parola necessaria." (pag. 49).
Risulta ancora evidente la particolare attenzione posta
dall'autrice nel concretizzare il suo progetto poetico, utilizzando uno stile
di scrittura personalissimo, dichiaratamente fuori dall'usuale, ad esempio evitando
i titoli per rendere più omogenea e continuativa tutta l'opera, che è divisa in
quattro sezioni giusto per compartimentare la struttura complessiva, come se fossero gli atti di una
commedia teatrale. E poi c'è questo io narrante al maschile: una scelta
originale e oculata, che, come afferma Rita Pacilio nella sua dettagliata
prefazione, "non è gioco estetico,
ma squisita simbologia del confine/limite identitario dell'essere umano".
Un'Opera Prima, questa di Ilaria Vassallo, che ha senza
alcun dubbio premiato la dura selezione operata da Rita Pacilio che ne dirige
la Collana per conto delle Edizioni La Vita Felice. Una selezione attenta ed
eseguita con grande competenza letteraria, volta a individuare nuove Voci
interessanti, come appunto quella della Vassallo, in un contesto poetico
nazionale molto spesso sovrabbondante per quantità ma poco significativo per
qualità e originalità.
Il libro, oltre all'approfondita prefazione di Rita Pacilio,
è arricchito da una postfazione di Maurizio Cucchi.
Un libro di poesie autentiche, un'autrice giovane ma già
sicura di sé, determinata (e da noi incoraggiata) a proseguire il suo
itinerario poetico e letterario raffinando vieppiù la propria ricerca e il
proprio stile.
Ilaria Vassallo, "Una muta vitalità", La Vita
Felice 2017, Collana Opera Prima diretta da Rita Pacilio. Prefazione di Rita
Pacilio, postfazione di Maurizio Cucchi.
Giuseppe Vetromile
28/6/17