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domenica 17 maggio 2015

Manuela Minelli e le sue "Femmine che mai vorreste come amiche"

Nel realizzare la mia recente antologia poetica "Ifigenia siamo noi", tutta al femminile ed ispirata al sacrificio della giovane figlia di Agamennone, Ifigenia per l'appunto, mi sono reso conto di quanto fosse vulcanico, prorompente, tempestoso ma nello stesso tempo dolce e delicato, l'universo femminile, sia per quanto concerneva il tema e i vari contenuti ad esso legato, ma sia anche per ciò riguardava la personalità stessa delle autrici, tutte poetesse di valore e con una spiccata e forte natura femminile. Non che gli uomini, poeti scrittori o semplici cittadini, abbiano temperamento e comportamento più dimesso, più tranquillo, ma sono convinto che l'animo femminile, che la donna, può essere capace di coprire tutto l'arco dei sentimenti, dall'infernale al paradisiaco, e in breve tempo anche. Non parliamo poi dei sacrifici, delle sopportazioni, ma anche delle manifestazioni dei sentimenti. Purtroppo leggiamo ancora e ancora constatiamo con quanta durezza viene trattata sovente la donna, quante violenze ella è costretta a subire ancora da parte di una società per nulla cambiata, quando si parla di parità e di rispetto nei confronti della donna.
Il discorso è lungo, naturalmente, e da che mondo è mondo, purtroppo, la donna subisce, ha subito anche nel passato, e chissà se un giorno si riuscirà con la cultura e con l'educazione di una nuova società che abbia cancellato tabù, preconcetti e pseudoreligioni, a raggiungere il perfetto e divino equilibrio naturale tra uomo e donna, sotto tutti i punti di vista.
Ma veniamo al libro. Ho voluto citare la mia antologia a mo' di esempio, trattandosi di un argomento che parla del sacrificio, del sacrificio in generale, ma soprattutto del sacrificio della donna, di tutto quello che deve subire e sopportare nella quotidianità e nella società.
Il libro di Manuela Minelli in qualche modo ribalta questa situazione. Non conosciamo le motivazioni precise che hanno suggerito all'autrice di scrivere questa raccolta di racconti, intimamente legati da un filo conduttore, da un leit-motive molto chiaro: la rivalsa delle donne sui soprusi, anzi la rivalsa della femmina, della femminilità, sulle ingiustizie inferte da una società ancora troppo aderente a certi schemi precostituiti, preconfigurati e purtroppo ancora tacitamente accettati. Non conosciamo le motivazioni, dicevo, e non sappiamo se le storie descritte dall'autrice sono autentiche o inventate, se in qualche modo l'autrice ne è venuta a conoscenza attraverso qualche particolare e dimenticata notizia di cronaca. Ma non è questo il punto. Anche se le storie risultassero inventate di sana pianta, partorite dalla prorompente creatività dell'autrice, esse sono verosimili, plausibili, potrebbero in effetti essere storie autentiche, forse con qualche piccola eccezione, come ad esempio il brano che si riferisce alla piantina amorevolmente curata dal protagonista e che si trasforma in pianta assassina, per gelosia, dimostrando così che la "qualità femmina" appassionata, capace di tutto, può anche appartenere ad una pianta! Racconto estremo, certo, quasi fantascientifico, ma tutto sommato anche probabile, se si esaminano i movimenti della pianta che fa gocciolare "accidentalmente" il suo veleno nel bicchiere di vino della rivale umana: una coincidenza strana, terribile, grottesca, ma pur sempre una coincidenza!
Non staremo qui naturalmente ad illustrare le tematiche, le motivazioni, le trame di tutti i racconti, altrimenti toglieremmo al lettore il gusto di scoprirle da solo. I racconti si fanno leggere con avidità, con curiosità, perché il lettore è invogliato a scoprire il finale a sorpresa che già intuisce e pregusta in un certo senso, che già in qualche modo molto vago immagina, ma resta comunque sempre colpito e quasi meravigliato di fronte allo sfogo enorme, forse esagerato ma sempre giustificabile, di queste "femmine" che hanno subito a lungo e che ora esplodono veramente, liberandosi del male e delle violenze subite. E lo fanno come dicevo in modo esagerato, ma sicuramente con una lucidità e direi anche con un'inventiva eccezionali. Sono reazioni che alla fine forse ci aspettiamo tutti, di fronte a tutte quelle ingiustizie, ma mai penseremmo che possano essere così fantasiose, così sadiche anche, così divertenti perfino, certe volte. Ogni storia ha un finale tragico, quasi logica conseguenza del male subito da ciascuna di queste "femmine", che certamente mai vorremmo per amiche ma solo se la nostra coscienza di uomini e di compagni fosse anche leggermente macchiata! Perché queste femmine sanno dare tutto, sanno sacrificarsi e sanno amare in modo totale e sanno affidarsi; ma se poi il compagno, l'amante, l'uomo, dovesse tradirle o dovesse anche "usarle" e sottometterle, con l'inganno e la violenza, allora sì, bisogna starne lontano, molto lontano!
Ironia e lucidità, amore intenso, innocenza, passione, delicatezza… queste le qualità delle nostre femmine, qualità autentiche e sincere, ma che subito si rovesciano nell'esatto opposto negativo quando le nostre protagoniste da troppo tempo e troppe volte subiscono le angherie e le violenze di certi uomini.

Un libro di racconti interessante, dunque, originale ed estremo. Ma ben scritto, fluido, scorrevole. 

Giuseppe Vetromile

Manuela Minelli, "Femmine che mai vorreste come amiche", La Vita Felice Edizioni, 2014. Prefazione di Cinzia Tani

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Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"