Taccuino Anastasiano è il proseguimento del Blog "Circolo Letterario Anastasiano", con il quale rimane comunque collegato (basta cliccare sul logo del CLA).
Sarà questo un blog essenzialmente dedicato alle recensioni, alle notizie letterarie, alle presentazioni di libri ed agli appuntamenti ed incontri relativi al nostro territorio vesuviano, e non solo: dedicheremo spazio a tutte le notizie interessanti che ci giungeranno, con lo scopo di fornire valide informazioni culturali e spunti di riflessione su temi di carattere poetico e letterario in generale.
Buona lettura e buona consultazione.

domenica 16 agosto 2015

Una lettura di "Il genio dell'abbandono", il recente libro di Wanda Marasco

A volte capita di trovarsi fra le mani un libro che silenziosamente procede nella narrazione senza però scuotere o emozionare il lettore eccessivamente, e si continua piuttosto per educazione e rispetto nei confronti dell'autore, oppure per semplice curiosità, oppure perché nel frattempo non c'è altro di meglio a disposizione sotto l'ombrellone estivo.
Altre volte, forse poche volte, capita che il libro in questione sia davvero una specie di "bomba" benevola che esplode nella nostra mente e nel nostro cuore di lettori già dalle prime pagine, provocando un entusiastico coinvolgimento, una partecipazione totale, una condivisione direi assoluta. Si tratta di quei capolavori, purtroppo – ripeto – pochi, che emergono al pubblico quasi in sordina, senza il chiasso eccessivo dei mass-media e dei grandi poteri di una editoria che ormai segue principalmente le ossessive e rigide leggi di mercato, a scapito quasi sempre della buona qualità.
"Il genio dell'abbandono", di Wanda Marasco, è certamente uno di questi capolavori. Infatti il libro della Marasco si distingue nettamente dalla generalità di altri romanzi più o meno simili, per le peculiarità che cercherò di esporre brevemente, peculiarità e caratteristiche che difficilmente si possono riscontrare in narrazioni e storie che riguardano figure e personaggi storici di un certo rilievo: per lo più in questi casi l'autore si limita a riportare biografie più o meno dettagliate, più o meno idealizzate e fantasticate, con una scrittura a volte noiosa e inutilmente prolissa, distaccata e priva di vitalità.
Tutto il contrario di quello che accade leggendo questo bellissimo romanzo della Marasco, finalista alla prima edizione del Premio Letterario Neri Pozza ed anche entrato nella candidatura del Premio Strega di quest'anno.
Il fatto è che a mio modesto parere, ma credo che ciò possa essere condiviso dalla maggioranza dei lettori attenti, scrivere in libertà, come si suol dire, inventando storie e lasciando galoppare l'immaginazione, beninteso sempre in modo coerente e piacevole, può risultare facile: un romanzo d'avventure, una storia particolare ma del tutto immaginaria, senza nessuna pretesa di riferirsi a fatti realmente accaduti, insomma il classico romanzo tout curt, può essere scritto da parte dell'autore con relativa tranquillità e senza timore di esporsi a situazioni contraddittorie o non veritiere.
Diverso è il caso quando l'autore vuole narrare una storia vera, quindi nella fattispecie quando vuol dedicarsi a scrivere un romanzo storico, o come nel nostro caso la storia di un personaggio famoso. Qui l'autore non può "inventare", cioè non può uscire fuori dai limiti della storia e della verità dei fatti. Ma ne potrebbe sortire, come dicevo prima, un lavoro piatto, ovvio e distaccato.
Wanda Marasco è riuscita invece nell'intento di scrivere la storia di Vincenzo Gemito, il grande scultore napoletano vissuto a cavallo tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento, distaccandosi nettamente da quella che poteva apparire una mera biografia del personaggio, pur incastonata in uno scenario in perenne movimento quali erano i tempi e le situazioni della particolare epoca storica.
Non è una semplice e piatta biografia, ma è davvero la ricostruzione fedele ma anche re-inventata di "Vicienzo", una storia affascinante e profondamente umana, profondamente viva e palpitante, in cui la "mano", anzi la penna, dell'Autrice, appare nettamente evidente, maestra, pur lasciando l'impressione di non esserci, di non lasciare sue impronte compromettenti: in tutta la storia appare soltanto, nitido, il protagonista in sé e le scene circostanti: il romanzo vive di vita propria e va sviluppandosi via via come se fosse lo stesso protagonista l'io narrante. Wanda Marasco, da buon regista, muove le fila della storia dietro le quinte, non vista, imparziale e perfetta nel suo ruolo. Tecnica sicuramente, ma non priva di cuore, di forte condivisione, quasi di velata complicità nei confronti del protagonista.
Una ricostruzione certamente fedele dell'intensa vita di "Vicienzo" Gemito, basata su una ricerca storica e documentale evidentemente molto ricca e approfondita; ma, e qui sta l'eccellenza dell'Autrice, nello stesso tempo la storia emerge in modo naturale, autonomo, attuale; e con una intensità espressiva tale da far sembrare i personaggi vivi accanto a noi, nello stesso momento della lettura, e le scene altrettanto reali e coinvolgenti.
Non staremo qui a descrivere la trama, che del resto non è l'aspetto principale del romanzo: ognuno può andarsi a leggere la vita dello scultore consultando libri e perfino Internet. Ma è la modalità, la struttura, l'intero schema del romanzo che, a mio giudizio, rende il lavoro della Marasco più che interessante, illuminato e originalissimo.
Tutta la vicenda umana, psicologica ed artistica del grande scultore napoletano, è trattata in modo puntuale e approfondito. Wanda Marasco ha saputo leggere con la sua grande esperienza narrativa nel cuore e nella mente del protagonista, quello che verosimilmente egli elucubrava nel tempo della pazzia quando era recluso nella Casa di cura Villa Fleurent, il progetto della fuga (con la quale inizia il romanzo), la sua ossessione artistica, la ricerca della perfezione, i viaggi a Parigi e a Roma, il suo sentirsi tradito e abbandonato dal mondo e dall'arte "ufficiale"; i suoi rapporti a volte conflittuali a volte amorevoli con la famiglia, i suoi amori. Tutto questo sempre narrato in modo diretto e vivido.
Contribuisce a rendere la storia di "Vicienzo" più attuale e realistica, la modalità linguistica: la Marasco utilizza in moltissimi tratti il dialetto, specialmente quando "Vicienzo" pensa e parla in prima persona; in questo modo il lettore partecipa alle vicende e ai dialoghi emozionalmente come se stesse lui stesso al centro della scena, hic et nunc. Il linguaggio è dunque immediato, comprensibilissimo (c'è anche un utile glossario al termine del libro).
Altra caratteristica degna di nota è lo scenario che avvolge e accompagna la storia di Gemito. Appare così, ad esempio, una Napoli che vediamo mutare lungo gli anni, dall'epoca della proclamazione dell'Unità d'Italia fino alla prima guerra mondiale e fino al tempo del Fascismo. Ma una Napoli che nello stesso tempo conserva le sue caratteristiche millenarie, le sue arie, i suoi sapori, i suoi vichi, il suo mare, i suoi personaggi…
Un libro davvero cólto, scritto con grande competenza e intuito, frutto di una ricerca accurata e realizzato con amore. Da leggersi quindi con amore, come un romanzo ma soprattutto perché offre senza dubbio spunti di riflessione sull'arte, sulla storia, sulla "pulitica", sulla psiche dei grandi artisti.

Wanda Marasco, "Il genio dell'abbandono", Neri Pozza Editore, 2015

Giuseppe Vetromile

16/8/15


"Vicie', e chi se ne fotte del sangue delle origini? Cazzate. E vedi il caso tuo. Non hai avuto padre e madre naturali, ma una forza del fato. Per te c'è stato un genio, il genio dell'abbandono, Vicie'. Perché se non ti abbandonavano tu forse non saresti mai diventato Gemito, il grande scultore Vincenzo Gemito!"

4 commenti:

  1. Lettura molto approfondita e puntuale del libro della Marasco, che condivido in ogni punto:quella che è una indagine storica e biografica della vita umana e artistica di Gemito diventa un "romanzo", poiché tutto il racconto dell'uomo e dell'artista è "raccontato" dall'interno del complesso personaggio e dell'ambiente familiare, sociale e storico, e non da un"esterno asettico" di documenti bibliografici e storici... La lettura del libro mi ha coinvolto emotivamente, generando in me quell'ansia di lettura quotidiana sino ala fine, con l'unico motivo di delusione quando questa è arrivata...

    RispondiElimina
  2. Lettura molto approfondita e puntuale del libro della Marasco, che condivido in ogni punto:quella che è una indagine storica e biografica della vita umana e artistica di Gemito diventa un "romanzo", poiché tutto il racconto dell'uomo e dell'artista è "raccontato" dall'interno del complesso personaggio e dell'ambiente familiare, sociale e storico, e non da un"esterno asettico" di documenti bibliografici e storici... La lettura del libro mi ha coinvolto emotivamente, generando in me quell'ansia di lettura quotidiana sino ala fine, con l'unico motivo di delusione quando questa è arrivata...

    RispondiElimina
  3. Giuseppe Vetromile con sagacia ed ottimo impegno culturale ha senza alcun dubbio centrato la lettura del romanzo dell'amica Wanda Marasco. Il racconto si snoda attraverso episodi particolari della vita di Gemito , il quale appare in ogni pagina quale personaggio vivo della vicenda che lo porta dalla follia al genio con un vortice accattivante di pagine , scritte tutte con una personalissima capacità creativa.

    RispondiElimina
  4. Ho avuto occasione di leggere passi dei testi di Wanda Marasco e note critiche sui suoi lavori (come questa dell'amico Vetromile molto personale, lineare e invitante). Apprezzo ed ho apprezzato, soprattutto, la spigliatezza del suo linguismo, e il metodo analitico e perspicace nell'uso delle varie sequenze (descrittive, introspettive e narrative) volte al raggiungimento degli obiettivi della narrazione.

    I miei complimenti alla scrittrice e al critico.
    Nazario Pardini

    RispondiElimina

Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"