A
volte capita di trovarsi fra le mani un libro che silenziosamente procede nella
narrazione senza però scuotere o emozionare il lettore eccessivamente, e si
continua piuttosto per educazione e rispetto nei confronti dell'autore, oppure
per semplice curiosità, oppure perché nel frattempo non c'è altro di meglio a
disposizione sotto l'ombrellone estivo.
Altre
volte, forse poche volte, capita che il libro in questione sia davvero una
specie di "bomba" benevola che esplode nella nostra mente e nel
nostro cuore di lettori già dalle prime pagine, provocando un entusiastico
coinvolgimento, una partecipazione totale, una condivisione direi assoluta. Si
tratta di quei capolavori, purtroppo – ripeto – pochi, che emergono al pubblico
quasi in sordina, senza il chiasso eccessivo dei mass-media e dei grandi poteri
di una editoria che ormai segue principalmente le ossessive e rigide leggi di
mercato, a scapito quasi sempre della buona qualità.
"Il
genio dell'abbandono", di Wanda Marasco, è certamente uno di questi
capolavori. Infatti il libro della Marasco si distingue nettamente dalla
generalità di altri romanzi più o meno simili, per le peculiarità che cercherò
di esporre brevemente, peculiarità e caratteristiche che difficilmente si
possono riscontrare in narrazioni e storie che riguardano figure e personaggi
storici di un certo rilievo: per lo più in questi casi l'autore si limita a
riportare biografie più o meno dettagliate, più o meno idealizzate e
fantasticate, con una scrittura a volte noiosa e inutilmente prolissa,
distaccata e priva di vitalità.
Tutto
il contrario di quello che accade leggendo questo bellissimo romanzo della
Marasco, finalista alla prima edizione del Premio Letterario Neri Pozza ed
anche entrato nella candidatura del Premio Strega di quest'anno.
Il
fatto è che a mio modesto parere, ma credo che ciò possa essere condiviso dalla
maggioranza dei lettori attenti, scrivere in libertà, come si suol dire,
inventando storie e lasciando galoppare l'immaginazione, beninteso sempre in
modo coerente e piacevole, può risultare facile: un romanzo d'avventure, una
storia particolare ma del tutto immaginaria, senza nessuna pretesa di riferirsi
a fatti realmente accaduti, insomma il classico romanzo tout curt, può essere scritto da parte dell'autore con relativa
tranquillità e senza timore di esporsi a situazioni contraddittorie o non
veritiere.
Diverso
è il caso quando l'autore vuole narrare una storia vera, quindi nella
fattispecie quando vuol dedicarsi a scrivere un romanzo storico, o come nel
nostro caso la storia di un personaggio famoso. Qui l'autore non può
"inventare", cioè non può uscire fuori dai limiti della storia e
della verità dei fatti. Ma ne potrebbe sortire, come dicevo prima, un lavoro
piatto, ovvio e distaccato.
Wanda
Marasco è riuscita invece nell'intento di scrivere la storia di Vincenzo
Gemito, il grande scultore napoletano vissuto a cavallo tra la fine
dell'ottocento e i primi del novecento, distaccandosi nettamente da quella che
poteva apparire una mera biografia del personaggio, pur incastonata in uno
scenario in perenne movimento quali erano i tempi e le situazioni della
particolare epoca storica.
Non
è una semplice e piatta biografia, ma è davvero la ricostruzione fedele ma
anche re-inventata di "Vicienzo", una storia affascinante e
profondamente umana, profondamente viva e palpitante, in cui la
"mano", anzi la penna, dell'Autrice, appare nettamente evidente,
maestra, pur lasciando l'impressione di non esserci, di non lasciare sue
impronte compromettenti: in tutta la storia appare soltanto, nitido, il
protagonista in sé e le scene circostanti: il romanzo vive di vita propria e va
sviluppandosi via via come se fosse lo stesso protagonista l'io narrante. Wanda
Marasco, da buon regista, muove le fila della storia dietro le quinte, non
vista, imparziale e perfetta nel suo ruolo. Tecnica sicuramente, ma non priva
di cuore, di forte condivisione, quasi di velata complicità nei confronti del
protagonista.
Una
ricostruzione certamente fedele dell'intensa vita di "Vicienzo"
Gemito, basata su una ricerca storica e documentale evidentemente molto ricca e
approfondita; ma, e qui sta l'eccellenza dell'Autrice, nello stesso tempo la
storia emerge in modo naturale, autonomo, attuale; e con una intensità
espressiva tale da far sembrare i personaggi vivi accanto a noi, nello stesso
momento della lettura, e le scene altrettanto reali e coinvolgenti.
Non
staremo qui a descrivere la trama, che del resto non è l'aspetto principale del
romanzo: ognuno può andarsi a leggere la vita dello scultore consultando libri
e perfino Internet. Ma è la modalità, la struttura, l'intero schema del romanzo
che, a mio giudizio, rende il lavoro della Marasco più che interessante,
illuminato e originalissimo.
Tutta
la vicenda umana, psicologica ed artistica del grande scultore napoletano, è
trattata in modo puntuale e approfondito. Wanda Marasco ha saputo leggere con la
sua grande esperienza narrativa nel cuore e nella mente del protagonista,
quello che verosimilmente egli elucubrava nel tempo della pazzia quando era
recluso nella Casa di cura Villa Fleurent, il progetto della fuga (con la quale
inizia il romanzo), la sua ossessione artistica, la ricerca della perfezione, i
viaggi a Parigi e a Roma, il suo sentirsi tradito e abbandonato dal mondo e
dall'arte "ufficiale"; i suoi rapporti a volte conflittuali a volte
amorevoli con la famiglia, i suoi amori. Tutto questo sempre narrato in modo
diretto e vivido.
Contribuisce
a rendere la storia di "Vicienzo" più attuale e realistica, la modalità
linguistica: la Marasco utilizza in moltissimi tratti il dialetto, specialmente
quando "Vicienzo" pensa e parla in prima persona; in questo modo il
lettore partecipa alle vicende e ai dialoghi emozionalmente come se stesse lui
stesso al centro della scena, hic et nunc.
Il linguaggio è dunque immediato, comprensibilissimo (c'è anche un utile
glossario al termine del libro).
Altra
caratteristica degna di nota è lo scenario che avvolge e accompagna la storia
di Gemito. Appare così, ad esempio, una Napoli che vediamo mutare lungo gli
anni, dall'epoca della proclamazione dell'Unità d'Italia fino alla prima guerra
mondiale e fino al tempo del Fascismo. Ma una Napoli che nello stesso tempo
conserva le sue caratteristiche millenarie, le sue arie, i suoi sapori, i suoi
vichi, il suo mare, i suoi personaggi…
Un
libro davvero cólto, scritto con grande competenza e intuito, frutto di una
ricerca accurata e realizzato con amore. Da leggersi quindi con amore, come un
romanzo ma soprattutto perché offre senza dubbio spunti di riflessione
sull'arte, sulla storia, sulla "pulitica", sulla psiche dei grandi
artisti.
Wanda
Marasco, "Il genio dell'abbandono", Neri Pozza Editore, 2015
Giuseppe
Vetromile
16/8/15
"Vicie', e chi se ne fotte del sangue delle origini? Cazzate. E vedi il caso tuo. Non hai avuto padre e madre naturali, ma una forza del fato. Per te c'è stato un genio, il genio dell'abbandono, Vicie'. Perché se non ti abbandonavano tu forse non saresti mai diventato Gemito, il grande scultore Vincenzo Gemito!"
Lettura molto approfondita e puntuale del libro della Marasco, che condivido in ogni punto:quella che è una indagine storica e biografica della vita umana e artistica di Gemito diventa un "romanzo", poiché tutto il racconto dell'uomo e dell'artista è "raccontato" dall'interno del complesso personaggio e dell'ambiente familiare, sociale e storico, e non da un"esterno asettico" di documenti bibliografici e storici... La lettura del libro mi ha coinvolto emotivamente, generando in me quell'ansia di lettura quotidiana sino ala fine, con l'unico motivo di delusione quando questa è arrivata...
RispondiEliminaLettura molto approfondita e puntuale del libro della Marasco, che condivido in ogni punto:quella che è una indagine storica e biografica della vita umana e artistica di Gemito diventa un "romanzo", poiché tutto il racconto dell'uomo e dell'artista è "raccontato" dall'interno del complesso personaggio e dell'ambiente familiare, sociale e storico, e non da un"esterno asettico" di documenti bibliografici e storici... La lettura del libro mi ha coinvolto emotivamente, generando in me quell'ansia di lettura quotidiana sino ala fine, con l'unico motivo di delusione quando questa è arrivata...
RispondiEliminaGiuseppe Vetromile con sagacia ed ottimo impegno culturale ha senza alcun dubbio centrato la lettura del romanzo dell'amica Wanda Marasco. Il racconto si snoda attraverso episodi particolari della vita di Gemito , il quale appare in ogni pagina quale personaggio vivo della vicenda che lo porta dalla follia al genio con un vortice accattivante di pagine , scritte tutte con una personalissima capacità creativa.
RispondiEliminaHo avuto occasione di leggere passi dei testi di Wanda Marasco e note critiche sui suoi lavori (come questa dell'amico Vetromile molto personale, lineare e invitante). Apprezzo ed ho apprezzato, soprattutto, la spigliatezza del suo linguismo, e il metodo analitico e perspicace nell'uso delle varie sequenze (descrittive, introspettive e narrative) volte al raggiungimento degli obiettivi della narrazione.
RispondiEliminaI miei complimenti alla scrittrice e al critico.
Nazario Pardini